Marcel Proust, «Dalla parte di Swann»: l’ouverture della «Recherche». Seconda parte

IV. Accanto alla figura del Narratore-protagonista spicca, nel primo volume della Recherche, la figura di Charles Swann, di cui viene narrato, nella seconda parte, l’amore per la cocotte Odette de Crécy, amore tormentato che sfocerà infine, sorprendentemente per molti aspetti, nel matrimonio. Uno dei temi dominanti della Recherche è rappresentato dal rapporto tra arte e vita, fino alla proclamazione della maggiore importanza della prima sulla seconda, e anche nell’amore di Swann per Odette l’arte gioca un ruolo fondamentale, attraverso la musica (la piccola frase di Vinteuil, che infonde un soffio di giovinezza nell’uomo) e la pittura. È infatti nel momento in cui Swann coglie la somiglianza tra Odette e Sefora, figlia di Jetro dipinta da Botticelli nella Cappella Sistina, che il suo amore, fin qui superficiale, senza una particolare attrazione estetica, conosce uno sviluppo decisivo, approfondendosi, consolidandosi:

E mentre la visione meramente corporea che aveva avuto di quella donna indeboliva il suo amore, rinnovandogli continuamente i dubbi sulla qualità del suo viso, del suo corpo, di tutta la sua bellezza, i dubbi furono distrutti, l’amore reso sicuro quando invece ebbe per base i dati di un’estetica certa; senza contare che il bacio e il possesso, che sembravano naturali e mediocri se gli erano accordati da una carne sciupata, venendo a coronare l’adorazione per un oggetto da museo gli parvero essere soprannaturali e deliziosi [1].

Le figlie di Jetro dipinte da Botticelli

Ottenuto questo lasciapassare estetico, artistico, l’amore di Swann è libero di svilupparsi, di conoscere un’evoluzione sin qui ignota, visti gli esiti popolari (domestiche, cuoche, operaie) raggiunti solitamente dalla passione sensuale del ricco e colto esteta. L’arte impreziosisce, valorizza la vita, fisicamente, tangibilmente, facendo di una grossolana cocotte un’opera museale dal valore inestimabile.

V. Come il nostro Emilio Brentani [2], ben più modesto e crepuscolare (qualità positive, per quanto mi riguarda), Swann vive una giovinezza postuma e crea un’Odette che, di fatto, non esiste, non è mai esistita. Il suo amore, ed è questo l’aspetto più interessante, si sviluppa nel senso negativo, torturante della malattia, una malattia che conduce all’autodistruzione:

E quella malattia che era l’amore di Swann si era talmente moltiplicata, si era così strettamente mescolata a tutte le abitudini e a tutti i gesti di lui, al suo pensiero, alla sua salute, al suo sonno, alla sua vita, perfino a ciò che desiderava per dopo la morte, faceva ormai talmente un tutt’uno con Swann, che non si sarebbe potuto strappargliela senza distruggere anche lui quasi per intero: come si dice in chirurgia, il suo amore non era più operabile [3].

Il sintomo principale e più grave dell’amore come malattia, è rappresentato naturalmente dalla gelosia, che tormenta Swann. Ma quello di Swann non è un caso eccezionale, perché per Proust l’innamoramento produce «necessariamente» frutti avvelenati e il pieno possesso di un altro essere è impossibile (l’amore si configura essenzialmente come un fenomeno individuale, che riguarda l’uomo in relazione a se stesso).

VI. La scoperta dei numerosi tradimenti di Odette, in cui l’interesse sociale ed economico si mescola alla pura depravazione, come mostrano i suoi rapporti sessuali con entrambi i sessi, sempre meno Sefora e sempre più donna di marmo, in riferimento al dramma di Barriere e Thiboust Le ragazze di marmo, costringe Swann, incapace di rinunciare, almeno per ora, al proprio amore, a trovare rifugio nel passato. Perfettamente consapevole che il sentimento provato – forse – un tempo da Odette per lui non rinascerà mai più, che le sue speranze di felicità non si avvereranno mai, Swann ripiega, si avvoltola nei mesi felici della sua relazione con la donna, ma neppure questo tempo consacrato al mito è al sicuro, ed è la stessa Odette a confessare, ingenuamente, incapace di comprendere il dramma del compagno, che già allora mentiva:

E sotto tutti i più dolci ricordi di Swann, sotto le parole più semplici che Odette gli aveva detto in passato, che lui aveva creduto come vangelo, sotto le azioni quotidiane che gli aveva raccontato, sotto i luoghi più consueti […] egli sentiva insinuarsi la presenza possibile e sotterranea di menzogne che gli rendevano ignobile tutto quanto gli era rimasto di più caro, le sue sere migliori […] smantellando pietra dopo pietra tutto il suo passato [4].

Insieme con il passato si sgretola poco a poco l’amore di Swann, che, al termine di questa seconda parte, rimpiange di aver sciupato tanti anni di vita, irreversibilmente perduti, per Odette, mentre sente germogliare dentro di sé l’interesse per un’altra donna.

VII. In conclusione, una superflua considerazione personale, relativa alla lettura della Recherche come esperienza (per ogni letterato, per quanto modesto, ogni lettura è un’esperienza e ha lo stesso peso di una vicenda vissuta in prima persona). Ancora una volta mi rendo conto che il valore oggettivo, incontestabile, inestimabile, da solo, non basta. La Recherche respinge un lettore dostoevskiano come il sottoscritto (come le Ninfee di Monet respingono un osservatore espressionista, attratto dalle case sbilenche e dai buoi squartati di Soutine), legato più alla sostanza che alla forma, più alla filosofia e alla morale che all’arte (per lo stesso principio, a titolo esemplificativo, ritengo Resurrezione e non Guerra e pace o Anna Karenina il più grande romanzo di Tolstoj). La lettura dell’opera di Proust si configura così come una vera e propria lotta quotidiana, in cui è forte la tentazione di gettare la spugna. Non escludo affatto che tali difficoltà siano dovute alla mia modestia e se mi sono permesso di aggiungere queste poche righe inutili, è solamente per condividere con voi lettori, appunto, un’esperienza. Della Recherche riconosco il valore e l’importanza nella storia della letteratura, e forse solo questo conta davvero.

NOTE

[1] Marcel Proust, Dalla parte di Swann, traduzione di Paolo Pinto ed Eurialo De Michelis, in Id., Alla ricerca del tempo perduto, Newton Compton editori, Roma 2010, p. 181.

[2] Per un approfondimento sul romanzo rimando al contributo Italo Svevo, «Senilità»: la giovinezza postuma di Emilio Brentani. Prima parte, Seconda parte.

[3] Marcel Proust, Dalla parte di Swann, cit., p. 246.

[4] Ivi, p. 295.

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