«Ahi troika, alata troika, uccello di fuoco, chi ti ha inventato? Certo un popolo audace ti ha partorito, una terra che fa sul serio, e lenta e regolare si è estesa su mezzo mondo, che a contare le pietre miliari ti si annebbia la vista! Non sei certo sofisticata, compagna di strada, non ti tengono insieme bulloni di ferro, viva ti ha intagliata nel legno l’abile mugicco di Jaroslavl’ con ascia e scalpello, ti ha montata e ti ha tirata a lucido. Il postiglione non indossa certo stivali da tedesco: barba e guantoni, su cosa sia seduto non si sa, ma si leva, schiocca la frusta, intona il suo canto, e vorticano i cavalli, e i raggi delle ruote si fondono in un cerchio uniforme, trema la strada, urla di spavento il pedone impietrito! Ed ecco vola via, via, via!.. ormai solo s’intravede lontano qualcosa che trafigge l’aria, e polvere».
I. Immorale, materialista, corrotta, oziosa, sradicata: è questa la Russia rappresentata da Gogol’ nelle Anime morte, e di cui il protagonista, l’attualissimo consigliere di collegio Pavel Ivanovič Čičikov, vero e proprio eroe del nostro tempo, è un paradigmatico esempio. Con il suo poema-denuncia, iniziato nel 1835 e mai concluso (lo scrittore brucia per ben due volte la seconda parte dell’opera, di cui restano solamente dei frammenti, nel 1845 e nel 1852, pochi giorni prima di morire, impeto autodistruttivo che rivela tutta la complessità psichica dell’autore, affetto da psicosi bipolare atipica o schizofrenia cronica recidivante [1]), Gogol’ inaugura una nuova stagione della letteratura russa, una stagione critica, di smascheramento e denuncia, socialmente impegnata, culminante con Dostoevskij e il secondo Tolstoj. Lo stereotipo dell’eroe virtuoso è ormai superato, non rispecchia la realtà, dominata ora dall’homo oeconomicus disposto a tutto pur di arricchirsi, di realizzare il suo sogno di benessere: possedere una carrozza, una casa solida, mangiare tutti i giorni cibi appetitosi, nella visione esclusivamente materialista dei Čičikov è solo questo che conta. La dimensione spirituale, morale, cristiana, ovvero quella più autenticamente russa, è abolita.
Scrivendo un’opera spietatamente critica – ma senza rinunciare al riso, mai, strumento corrosivo privilegiato -, Gogol’ sa di correre grandi rischi. Il lettore non vuole avere niente a che fare con l’umana miseria, come se non lo riguardasse (si pensi alle critiche rivolte a Leopardi dopo la pubblicazione delle Operette morali [2]), ha paura di uno sguardo che non sfiori le cose con occhi distratti, ma le penetri, rivelandone le brutture e le dissonanze (Dostoevskij spingerà il suo sguardo fino al sottosuolo dell’uomo). Inoltre, Gogol’ è consapevole che l’amara verità portata alla luce dalle Anime morte offenderà molti patrioti, quegli stessi patrioti alla Čičikov che si arricchiscono spietatamente sulle spalle degli altri e della stessa patria, impoverendola, corrompendola, occidentalizzandola. Nonostante questi rischi, Gogol’ non soffoca il suo grido di dolore e di protesta, ma lo libera, nella speranza di ricondurre la Russia al suo vero destino e infondere nuovo slancio all’alata trojka ispirata da Dio.
II. Del protagonista delle Anime morte potremmo dire ciò che Dostoevskij dice di Stavrogin, il protagonista dei Demòni [3]: Čičikov è tutto. Egli è il centro del poema, attorno al quale ruotano tutta una serie di personaggi caratteristici della Russia dell’epoca, scandalosamente caratteristici. Sin da ragazzo, Čičikov è animato dal sogno del benessere, di una vita agiata, ed è su questo sogno che basa la propria esistenza. Disposto a tutto pur di realizzarlo, scala il sistema amministrativo russo, endemicamente malato di concussione, distinguendosi sempre come uno dei funzionari più corrotti. Čičikov cade, una prima volta, una seconda, gli vengono confiscati i beni, rischia di finire sotto processo, ma non si arrende, mai, sostenuto da una forza di volontà davvero straordinaria, quasi sovrumana. Dopo lo scandalo della dogana (il protagonista si accorda con i contrabbandieri e in breve tempo guadagna ben quattrocentomila rubli, secondo alcuni persino cinquecento, ma un litigio con il funzionario suo socio, forse causato da una donna, manda tutto all’aria), costretto per l’ennesima volta a ricominciare da zero, dal gradino più basso la sua ascesa al benessere, Čičikov concepisce la «più luminosa idea mai nata in mente umana»: acquistare e impegnare anime morte, ovvero contadini defunti, ma censiti, sui quali i proprietari pagano ancora le tasse. Un modo rischioso, certo, ma facile e rapido di arricchirsi. Čičikov si reca nel governatorato di N. ed è qui che inizia a mettere in pratica il suo diabolico piano, rivolgendosi a diversi proprietari: Manilov, uomo senza qualità, senza un carattere, senza un pensiero, senza un interesse, di una gentilezza stomachevole; la Korobočka, vecchia avida, bigotta, superstiziosa; Nozdrev, gozzovigliatore, mentitore e baro seriale; Sobakevič, uomo-orso la cui imponente figura, come la casa, trasmette una sensazione di solidità; Pljuškin, vecchio possidente caduto in disgrazia dopo la morte della moglie, sordido spilorcio, pezzo di legno rivestito di stracci, privo di umanità. Attraverso questi bizzarri personaggi, cui si affiancano i vari funzionari del governatorato, Gogol’ mostra lo stato miserevole in cui versa il paese (solamente Sobakevič mostra qualche aspetto positivo, come la solidità), ed è evidente che morti non siano solamente i contadini, ma anche, e soprattutto, i loro proprietari. In questo senso, vengono in mente le parole dell’uomo del sottosuolo: «Siamo dei nati morti, noialtri, ed è già da tanto tempo che nasciamo da padri che non sono più vivi, il che d’altronde continua a piacerci sempre di più. Ci stiamo prendendo gusto. Presto escogiteremo un modo di nascere addirittura da un’idea» [4].
Nel governatorato di N. Čičikov, sborsando pochi rubli, acquista anime morte per un valore di centomila rubli. Si diffonde la voce che egli sia un milionario e le signore se lo contendono, ma il commercio di contadini defunti viene a galla e genera una serie di dicerie davvero esilaranti: Čičikov vuole rapire la graziosa figlia del governatore; no, è un funzionario in incognito chiamato a indagare su delle morti sospette; no, è un pericoloso criminale ricercato. Le più illustri e importanti personalità del luogo si riuniscono per affrontare la delicatissima questione, e questi uomini valenti, queste menti illuminate ipotizzano persino che sotto la falsa identità di Čičikov si nasconda in realtà… Napoleone! Con la sua irriverente e caustica penna, Gogol’ smaschera tutta la grettezza e la stupidità della provincia russa. In ogni caso, per quanto assurde, queste voci spaventano a morte il protagonista, che lascia la città e il governatorato a gambe levate, insieme con i suoi contadini-spettri.
III. Nella grande letteratura russa alla morte morale segue spesso la resurrezione: è quanto avviene a Raskol’nikov in Delitto e castigo e a Nechljudov in Resurrezione, l’ultimo romanzo di Tolstoj [5]. È quanto, nelle intenzioni di Gogol’, sarebbe dovuto accadere a Čičikov nella seconda e nella terza parte del poema, ma la terza parte non è mai stata scritta e della seconda, distrutta, non restano che frammenti. Frammenti che mostrano comunque timidi tentativi di rinascita da parte del protagonista, come quando, sotto l’influsso di Kostanžoglo, possidente vivo, biblico rappresentante della Russia più autentica, anti-capitalista, legata visceralmente alla terra e ai contadini («Se poi sai a che scopo ogni cosa viene fatta, se sai che intorno a te tutto prospera e prospera, reca frutto e profitto… beh, non so spiegare cosa si provi. E non perché si accumula denaro. Il denaro è solo denaro. Ma perché tutto ciò che è frutto delle tue mani, perché capisci che tu sei la causa, il creatore di ciò, che dalle tue mani, come da quelle di un mago, sgorga ricchezza e abbondanza per tutti. Dove si trova un piacere pari al mio? […] Un piacere così non si trova in tutto il mondo. Qui l’uomo è fatto veramente a somiglianza di Dio. Dio si è scelto la Creazione come massimo dei piaceri, e vuole che anche l’uomo sia creatore, artefice del bene intorno a sé» [6]), acquista finalmente una vera proprietà, sognando di diventare un creatore e artefice del bene; oppure come quando, dopo l’incubo dell’arresto e del carcere, seguente alla falsificazione di un ricco testamento, riconquistata la libertà grazie all’impegno del misericordioso Murazov, che gli rimprovera di essersi servito della sua straordinaria forza di volontà solamente per accumulare denaro, sente qualcosa di nuovo dentro di sé.
La resurrezione è necessaria affinché si arresti l’evoluzione della Russia in senso occidentale, capitalistico. È questa pericolosa, catastrofica prospettiva, di cui si notano già gli effetti devastanti in Čičikov e in molti, troppi proprietari terrieri alla Koškarev – alter ego di Kostanžoglo per il quale un abito francese è della massima importanza, che si lamenta delle difficoltà di far intendere ai contadini l’esistenza dei bisogni più elevati e sottopone la propria tenuta a una folle operazione di burocratizzazione sul modello europeo -, che Gogol’ denuncia nelle Anime morte, caldeggiando il ritorno a una dimensione esistenziale autentica, laboriosa, radicata, cristiana, russa in una sola parola, rappresentata dall’alata trojka ispirata da Dio, che non è certo sofisticata, non è fatta di bulloni di ferro, ma è stata intagliata nel legno con ascia e scalpello dall’abile mužik di Jaroslavl’. La trojka ha bisogno di conducenti alla Kostanžoglo; guidata da individui come Čičikov e Koškarev rischia di schiantarsi e andare in mille pezzi. Con il suo sguardo penetrante Gogol’ vede questo pericolo e leva il suo irriverente grido di protesta e di denuncia: cosa importa dell’insuccesso quando è in gioco il destino della Russia?
NOTE
[1] Nicoletta Marcialis, Introduzione a Nikolaj Gogol, Le anime morte, La Biblioteca di Repubblica, pp. IX-X.
[2] Per un approfondimento sull’opera rimando al contributo «Operette morali»: la filosofia della sofferenza di Giacomo Leopardi. Prima parte, Seconda parte, Terza parte.
[3] Per un approfondimento sul protagonista dei Demòni rimando al contributo Nikolàj Vsèvolodovič Stavrògin, il funesto demiurgo. Prima parte, Seconda parte.
[4] Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, a cura di Igor Sibaldi, Mondadori, Milano 2014, p. 174. Per un approfondimento sul romanzo rimando al contributo Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo. Prima parte, Seconda parte.
[5] Per un approfondimento su questi due romanzi rimando ai contributi Delitto e castigo, dalla dialettica alla vita, «Resurrezione», l’ultimo e più grande romanzo di Lev Tolstoj. Introduzione, Prima parte, Seconda parte, Terza parte.
[6] Nikolaj Gogol’, Le anime morte, traduzione di Nicoletta Marcialis, cit., pp. 386-387.