Ogni anno, in corrispondenza della mattanza degli abeti illuminati, ci sentiamo spesso obbligati a pensare a quanto è accaduto nei precedenti 12 mesi. Dinanzi alla salma verdastra irta, siamo soliti raccoglierci in contemplazione. Alcuni emettono persino delle preghiere in loro onore: a bocca leggermente socchiusa, con la testa protesa all’indietro e gli occhi chiusi. Va detto però che questo genere di orazioni si è soliti udirle dopo il pranzo di Natale dai più anziani tra i commensali, uniche persone per autorevolezza che possono rivolgersi direttamente al defunto. C’è chi poi va oltre, incartando pacchetti di plastica e carta da apporre sotto la lapide illuminata di uno dei monumenti funebri agli abeti ignoti.
Tra tutti però, il personaggio più scomodo è l’oratore seriale: solitamente è un uomo che passa gran parte dell’anno in assoluta solitudine esistenziale, vive per il suo lavoro e e non sa parlare d’altro. Più di ogni altra cosa freme nel raccontare ai parenti – che non vede dal Natale precedente – tutti i suoi insulsi successi societari. La colonna sonora al suo monologo è ovviamente lo stesso suono che produce l’orazione del nonno. L’oratore è bravo in tutto, ovviamente, e ad ogni azione lui sa rispondere con un’esperienza maggiore di dieci volte rispetto a quella presentata. Lui è un maestro nel tirare somme dell’anno trascorso ed è sicuro dei successi che lo attendono l’anno successivo.
Noi invece non siamo in grado di tirare le somme, figuriamoci sapere cosa ci attende. Non sappiamo parlare, ne tanto meno scrivere, dei nostri successi/insuccessi in maniera socialmente attraente. Non strizziamo l’occhio al lettore. Non siamo fintamente disagiati.
Non siamo attenti alle tendenze. Non sappiamo compiacere e non ci auto-compiaciamo – ma neanche ci compatiamo per questo. Non sortiamo effetti collaterali nocivi fisicamente – se non per quella leggera sonnolenza. Non conosciamo il valore del denaro, non conosciamo proprio il denaro in generale.
Non conosciamo nessuna copertina di un libro di Baricco e neanche i contenuti di un libro di Volo. Non sappiamo come siano fatti i salotti borghesi, dentro, e non conosciamo nessuno che ci aiuti ad entrarvi. D’altronde non ci inviterebbe mai nessuno in nessun salotto, neanche quello della signora Maria, figuriamoci altri.
Sappiamo fare solo una cosa: resistere.
Resistiamo all’oratore seriale e al brusio di sottofondo tutti i giorni. Resistiamo alla – forse motivata – indifferenza. Resistiamo in apnea nella marea di contenuti che ci sommergono. Resistiamo per non annegare nella mediocrità. Resistiamo perché non conosciamo alternativa a questa esistenza. Resistiamo tra le pagine sgualcite del web. Resistiamo perché la nostra attualità ci obbliga a farlo.
Resistiamo perché passerà. Anche quest’anno.