Ettore Sottsass è stato molte cose durante la sua lunga vita. Di sicuro però posso dirvi, usando le sue parole per evitare rimproveri, cosa non è stato: non è stato soltanto “quella cazzo di macchina da scrivere rossa” (la “Valentine” della Olivetti). Non direi neanche che fu un’artista, lui avrebbe risposto seccato:“sono fondamentalmente un architetto”.
“Definirlo” è dunque un’impresa ancor più ardua del “non definirlo”, lasciandomi costipato dalla paura di venire ripreso dal suo vocione severo come i suoi baffi grigi.
Proviamo a ricominciare da capo, cambiamo domanda: di quale Sottsass vogliamo parlare oggi? A questo posso rispondervi semplicemente e senza indugi: dell’uomo e del fotografo.
Come descritto da F. Zanot nella prefazione del volume monografico “Sottsass” edito da Phaidon nel 2017, era solito girare sempre “con una macchina fotografica al collo, pronto a catturare un segno dal mondo che lo circondava”. Era un uomo che sapeva benissimo dove stare e non amava farsi trovare impreparato alla nascita di un ricordo. Ed in particolare, quello di cui parleremo in questo articolo, è il merito di aver fermato le immagini che rappresentano la nascita di un sodalizio che senza il suo aiuto sarebbe arrivato forse qualche anno dopo.
E pensare che gli Stati Uniti per Sottsass rappresentarono quasi un’ultima spiaggia, raggiunti dopo un viaggio in India durante il quale contrasse la nefrite. Roberto Olivetti, disperato per le sue condizioni di salute, lo convinse a tentare delle cure sperimentali a Palo Alto, in California. Qui rinacque, e con lui anche sua moglie, Fernanda Pivano, che colse l’occasione di leggere e conoscere alcuni esponenti del nuovo movimento letterario “beat”, per poi portarli in Italia. L’amicizia tra Ginsberg e la coppia si può infatti definire un’appendice di questa tragica esperienza.
A testimonianza di quei momenti, oltre ad alcuni racconti contenuti nei libri biografici di entrambi i protagonisti – “Diari” di Fernanda Pivano e “Scritto di notte” di Ettore Sottsass – vi sono dunque questi surreali ricordi in bianco e nero che ci portano nell’intimità di una cena avvenuta a San Francisco, che vantava tra i commensali Bob Dylan, oltre alla squadra beat quasi al completo – con Ferlinghetti, Ginsberg e i fratelli Orlovsky.


L’incredibile circostanza è stata fotografata dallo stesso Sottsass, che in questa serie di incontri si limita ad assumere il ruolo di osservatore, testimone dell’epifania letteraria beat.
L’intreccio di amicizie che nacquero intorno a quel tavolo di un ristorante cinese, venne poi trasposto al loro ritorno nel salotto della loro abitazione al numero 16 di via Manzoni, a pochi passi dalla Scala e dal Duomo di Milano. Tutti i giorni, dal capodanno del 1966/67, verso le ore serali la casa veniva aperta a tutti: i capelloni residenti in pianta stabile nelle piazze limitrofe si precipitavano nel salotto borghese della coppia più originale del capoluogo lombardo. Le uniche regole da rispettare erano di lasciare scarpe ed LSD fuori dall’abitazione.

In pochi anni passarono di lì tra i più rilevanti intellettuali del ‘900: Corso, Ferlinghetti, Quasimodo, Eco, Kerouac, Antonioni e ovviamente Ginsberg. Quest’ultimo, tra tutti, fu anche grande amico della coppia e compagno di diverse pubblicazioni.
Di questi incontri rimangono ancora tracce fotografiche, come la foto realizzata durante il viaggio in Italia di Kerouac, dove viene ritratto in stato di ebete dormiveglia, ubriaco e depresso. Di lì a poco la morte lo avrebbe portato alla quiete.
Ma non è solo Kerouac ad affollare la mente di ricordi beat: tra le sue incredibile foto vi è forse uno dei più bei ritratti di Neal Cassady, incontrato in un bar sulla costa californiana. Cassady, per chi non lo sapesse, è il Dean Moriarty protagonista di “On the road”.
Neal Cassady, Los Gatos, California, 1962 Photo: Ettore Sottsass Jack Kerouac a Milano, 1966 Photo by Ettore Sottsass
Ancora più interessanti sono invece i ritratti di viaggio scattati durante i tour letterari accompagnando Ginsberg nei festival lungo la penisola: Ungaretti e Pound sono solo alcuni degli incredibili incontri immortalati ancora una volta Sottsass, il quale non si limitò ad immortalare quei momenti, ma li scolpì. Come diceva Nadar, “in fotografia esistono persone che sanno vedere, ed altre che non sanno nemmeno guardare”.