“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, tuonava dall’Università di Torino Umberto Eco nel lontano 2015, praticamente il mesozoico. Subito l’esercito tastierato ha cominciato a picchiettare i polpastrelli consumati dal desiderio di esprimere la propria opinione disseminando, qua e là, cuori ed epiteti nel web.
Nei giorni successivi all’affermazione, come sempre, il fuoco si era diradato, il legno era diventato cenere e aveva smesso presto di bruciare: il web oramai aveva fagocitato l’“aforisma”, il dibattito, senza dimenticarlo definitivamente però, poiché la rete nega per statuto il diritto all’oblio.
A distanza di anni però, mi sono ritrovato a fare considerazioni sulla potenza dei media, di internet e di quanto noi ancora non riusciamo a gestirne la forza anarchica, rimostrante, come quella di un enorme toro impazzito.
Sempre Eco, nell’incontro tenutosi all’Università degli studi di Milano nel marzo 2014 – “La società della rete e i media” – parlò dell’importanza che ebbe la televisione dalla sua nascita: il grande mezzo di comunicazione unì finalmente l’Italia dal punto di vista linguistico, contribuendo contemporaneamente ad aumentare il tasso di alfabetizzazione. Da “L’idiota” di Dostoevskij, con il principe Myškin interpretato da un bravissimo Albertazzi, ai “Promessi sposi” manzoniani: la cultura entrava nelle case degli italiani per pillole e in mini-serie, non senza il chiacchiericcio degli intellettuali che videro “profanare” la sacralità di alcuni testi con le semplificazioni contenutistiche atte ad allargare il pubblico.
“Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.”
Umberto Eco
Bene, oggi Internet ha ucciso sua madre, la televisione, divenendo il nuovo mezzo di informazione e di intrattenimento, con una sola differenza: chiunque può scrivere ciò che vuole in rete, senza filtri.
Ora, provate ad immaginare di possedere un libro bianco, da scrivere, con pagine approssimativamente vicine all’infinito: ecco, internet è quel libro, dove ognuno di noi ha il diritto di poter scrivere una pagina, seppur insensata, su questo magnifica antologia dell’umanità. Il risultato, ovviamente, può essere tremendo se non si sa a che pagina andare.
Questa è la rete che possiamo permetterci ora, fatta da una cultura marcescente che descrive il suo tramonto in maniera straordinaria.
Non solo, mentre nel ’54 la televisione aveva un canale unico, oggi la rete ne ha infiniti, ma non tutti attendibili. Inoltre è bene distinguere due problematiche conseguenti allo sviluppo dei social media: la prima riguarda le fonti di informazioni. In un mare di rifiuti è diventato sempre più complesso trovare qualcosa che si possa considerare attendibile, ma non solo: l’enorme vastità di spazio ha creato un’overdose di voci che non hanno fatto altro che inquinare un mercato editoriale, abbattendone il valore e la credibilità. Se tutti scrivono, nessuno è uno scrittore. Dunque la mia idea vale quanto la tua. “Questa è la rete, bellezza! Non puoi farci niente”.
Seconda considerazione chiave è la totale incapacità di approfondire la veridicità di una qualsiasi narrazione: la maggior parte dei naviganti si limita a leggere la notizia in questione, prendendola per buona, senza discernere la bontà delle fonti citate, incrociando le notizie o approfondendone i contenuti. Questo ci catapulta di fronte ad uno scenario apocalittico in cui non è inconsueto trovare un virologo discutere alla pari della sua materia con netturbini e architetti. Perché sul web, di fondo, vale la retorica del Lupo di fronte l’agnello, come in Fedro.
Parallelamente i social media hanno convinto un folto gruppo di persone, attraverso l’eterna retorica complottista, che oggi la verità è custodita nei tweet della maggioranza, sebbene, come recitava un calembour marchesiano, “milioni di mosche mangiano merda, non possono sbagliare”.
Dobbiamo solo tenere ben a mente che non sempre maggioranza è sinonimo di ragione, e prima o poi arriveremo ad una seconda fase di utilizzo dei social media, nuova e spero migliore. Ne sono convinto.