«I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi. Perché è sangue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi da operetta recitarono la tragedia dell’umanità».
Gli ultimi giorni dell’umanità (1922) è il vertice dell’opera di Karl Kraus (1874-1936), è la supernova che esplodendo ha concentrato il lavoro infinito di un talento smisurato. Tutti i suoi saggi, i suoi aforismi, le sue liriche convergono verso questo testo dedicato ad una rappresentazione impossibile, creata per non essere mai rappresentata. Una rappresentazione teatrale che coinvolge una lunga quantità di stili letterari ed una infinità di argomenti, affrontati in un turbine di genialità, tutto questo fondale viene costruito per raccontare la storia acida della prima guerra mondiale, l’Austria, la mittel-europa e la fine del secolo lungo. Una celebrazione del raccapriccio, del cinismo spietato, del ridicolo della morte e della guerra, quelli che in fondo sono da sempre i temi della satira: politica, religione, sesso e morte. È anche e soprattutto il libro delle contraddizioni, della dicotomia tra quotidiano e straordinario, del chiacchiericcio per le strade e delle dichiarazioni tronfie dei regnanti d’europa, lo stridore della morte e l’encefalogramma piatto delle vita.
Fu Kraus l’unico scrittore a prendere posizione rispetto alla guerra seppellendola con uno sghignazzo polmonare e con una valanga di bile verde, Kraus fu l’unico che riuscì a catturare quell’evento immane in tutti i suoi aspetti, e nel momento stesso in cui accadeva, con un’attitudine picaresca paragonabile all’opera di Gunter Grass Il Tamburo di latta (1959). La rappresentazione rimbalza in un frullatore di eventi nei vari luoghi della vicenda bellica e storica, tra le trincee e i più alti luoghi di comando, dall’Hofburg di Vienna ai caffè borghesi fino alle sfere più basse della società, tutto per dipingere un enorme ciclo pittorico scardinando le attitudini dell’essere umano ignaro del proprio destino, incapace di comprendere i punti di svolta di un’era che per la prima volta diviene del tutto incomprensibile ai suoi protagonisti. I destini di un’umanità sciocca e ridicola capace solo di scatenare una fragorosa comicità che pervade tutta l’opera, vengono ingurgitati del dio del massacro che li trascina nel gorgo della morale scomparsa totalmente ignari del loro destino, come per i suonatori del Titanic in un miserere di luoghi comuni.
Karl Kraus è stato il massimo scrittore satirico in lingua tedesca e sicuramente il più dotato del secolo passato, ed ha concentrato quasi tutto in 800 pagine tesissime, per un’invettiva velenosa e tagliente contro il male e i potenti di ogni tempo, un grido contro una guerra da 10 milioni di morti scoppiata oramai 100 anni fa. La tragedia di tutti i tempi dei poveri soldati racchiusa in una sola guerra gigantesca, dove si obbligano gli uomini a sventrasi tra loro mentre inneggiano alla patria ed ai sovrani, un massacro impossibile da spiegare agli uomini, come fossimo tutti dei piccoli Micromega.
Kraus si concentra con maggiore enfasi sui potenti, veri ed occulti responsabili del conflitto, infilza con l’inchiostro i patriottismi e gli sciovinismi d’ogni tempo. Karl Kraus morì nel 1936 lasciandoci una satira gigantesca, valida e profetica per tutti gli accadimenti del nostro tempo e del tempo futuro.