Questa non è una sfida o un confronto tra due importantissimi artisti, due uomini che vissero d’arte fra dadaismo e surrealismo, o dentro qualsiasi altra etichetta che possa svilire il lavoro della vita di un uomo. E’ però interessante confrontare le due opere in maniera diretta e se vogliamo un poco naif. Praticamente coetanei i due arrivarono all’arte in maniera simile e soprattutto svilupparono assieme il lordo linguaggio. Un contatto diretto. I due si incontrarono nel 1912 per maturare un’amicizia che durò tutta la vita.
Marcel Duchamp nacque in Francia, ma visse nel mondo per molti anni, e proprio a New york con l’amico Man Ray costituì il ramo primo americano del Dadaismo. La storia meravigliosa dell’artista francese porta prima a Buenos Aires e poi di nuovo a Parigi dove si trasferirà più tardi anche Man Ray. In questo periodo Parigi sarà la culla del Surrealismo, in tutte le sue forme ( e certamente la culla delle arti in generale), basta pensare che anche gli altri capostipiti della corrente, gli spagnoli Salvador Dalì e Louis Buñuel erano nella capitale francese in quel periodo. La vita di Duchamp riserverà altre sorprese, dopo aver regalato splendide opere come La macinatrice di cioccolato (1913), Giovane fanciulla in primavera (1911) e il celeberrimo L.H.O.O.Q. (1919) il ready-Made che gli diede fama internazionale, si ritirerà dalle scene artistiche per dedicarsi al gioco degli scacchi. Anche lì riuscirà a raggiungere altissimi livelli, farà infatti parte della squadra olimpica francese.
Abbandonata la carriera scacchistica tornò al lavoro artistico sviluppando negli anni una predilezione per gli “assemblaggi”. La carriera di Duchamp riprese con grande vigore e negli anni della maturità produsse opere davvero significative come Cols alites (1959), Il grande vetro completo (1965) e Etant donnes forse la sua opera tarda più significativa, che tenne nascosta anche agli amici più cari.
Emmanuel Rudnitzky nato a Filadelfia si farà ben presto chiamare Man Ray, ovvero Uomo raggio. Sarà uno degli artisti più prolifici e poliedrici del novecento, nella sua opera si alterneranno pittura, scultura, fotografia, cinema, composizione e sperimentazione in genere (di cui l’esempio più fulgido sono le rayografie ).
Man Ray vivrà il suo primo periodo artistico a New York, dove proprio con Duchamp condividerà pensieri ed opere ( ad esempio il film sperimentale Anémic Cinéma ). Fallito l’esperimento Dadaista in america, l’artista si trasferì a Parigi, come fecero molti altri suoi colleghi durante tutti gli anni venti.
Nel 1924 nacque il Surrealismo, Man Ray fu il primo fotografo surrealista. Grazie alle Rayografie, che prendono proprio il suo nome, potrà esprimere il carattere inquietante degli oggetti quotidiani, categoria in cui rientra anche il famoso Cadeau. Avrà grande influenza sulle generazioni future di fotografi, con opere come Violon d’In gres (1924), Noir et Blanche (1926) e Natasha (1931), non solo per la sperimentazione tecnica ma soprattutto per l’infinita originalità compositiva e la forza innovatrice . Dopo alcuni anni trascorsi negli stati uniti, Man Ray tornerà a vivere e lavorare a Parigi. Morirà nella sua città nel 1976 e sarà seppellito nel cimitero di Montparnasse.
Le due opere prese in esame in questo piccolo articolo sono Fontana (1917) di Marcel Duchamp e Cadeau (1921) di Man Ray. Sono due ready-made molto famosi, anzi probabilmente tra i più famosi nel loro genere. Il primo venne presentato alla Society of Independent Artists che sconcertata non fece neppure esporre il pezzo. L’opera generò un enorme scandalo e i critici dell’epoca insorsero. Il Cadeau di Man ray venne invece esposto alla Librarie Six in occasione di un importante mostra Dadaista a Parigi. L’oggetto in questo caso non è soltanto estrapolato dalla vita quotidiana, al contrario cambia forma e significato. Il Cadeau consiste in un ferro da stiro, trovato da un rigattiere, al quale egli applicò una fila di quattordici chiodi, modificandone la naturale funzione e creando un oggetto dal fascino gotico.
Le due opere hanno molti tratti in comune, a partire dall’area artistica da cui derivano, dalla concomitanza della loro realizzazione e soprattutto la loro voglia di colpire e scandalizzare. Entrambi sono oggetti, che vengono estrapolati dal loro utilizzo comune. Entrambi rappresentano e testimoniano come qualsiasi forma della materia possa diventare un opera d’arte attraverso una manomissione. Manomissione vista come gestualità dell’artista, gesto rivoluzionario e figlio della ricerca instancabile. In questo opere è distinguibile l’inquietante vita parallela degli oggetti quotidiani, della loro dualità, e della semplicità di una loro trasfigurazione, e nuova rappresentazione, giunta appunto per mano dell’artista.
C’è però una differenza decisiva che distingue le due opere. Il “regalo”, occulto e dissacrante, agisce esattamente come un opera d’arte classica, ovvero lavora a livello retinico. L’artista infatti manomette l’oggetto di partenza creando un’opera che si esprime a livello visivo, con la percezione diretta dei fruitori. Come un quadro.
Per l’opera di Duchamp avviene invece una cosa differente, l’artista non agisce in maniera diretta sull’oggetto, ma deroga al titolo dell’opera “Fontana“la potenza dell’azione artistica, che in maniera beffarda e satirica estrapola l’oggetto dal suo uso comune. Per questo è possibile nominare “l’orinatorio” di Duchamp come opera d’arte discacalica, e non più retinica.