Come asserì Balla all’inizio dell’avventura futurista “data l’esistenza della fotografia e della cinematografia, la riproduzione pittorica del vero non interessa né può interessare più nessuno.” Vero, tant’è che l’avvento del nuovo strumento cambiò il mondo dell’arte radicalmente, tanto da sconvolgerne i suoi canoni. Ma come si raggiunse la consapevolezza che questo nuovo mezzo potesse essere qualcosa di più di una semplice trasposizione della realtà? Ovviamente questo passaggio è meno immediato e soprattutto troppo lungo per essere sviscerato in un solo articolo, ma quello che vorremmo fare è raccontarvi chi ha lottato perché questo accadesse, chi ha notato che grazie alla macchina fotografica qualcosa di diverso poteva essere impresso oltre ad una semplice immagine. E’ dunque con una frase di Henri Cartier-Bresson che vi invitiamo a scoprire insieme a noi alcuni dei maestri che hanno contribuito affinché questo accadesse: “le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento.”
Il fotografo che andremo a scoprire questa settimana è il ceco Josef Koudelka, il nomade. In una recente intervista a “Il FattoQuotidiano” ha affermato che lo strumento più importante per un fotografo, secondo ovviamente alla macchina, sarebbero le scarpe, poiché solo con esse si può camminare, viaggiare ed esplorare.
Il fotografo nasce a Boskovice nell’attuale Repubblica Ceca nel 1938. La sua è una vocazione, tant’è che già da bambino comincia a fotografare tutto ciò che vede, anche se comunque sceglie di studiare ingegneria e completa gli studi ma senza mai abbandonare la sua passione. Nel 1967 il cuore gli indica una strada lontana dall’ingegneria che lui segue senza pensarci su troppo,diventa fotografo a tempo pieno. E non poteva scegliere un periodo migliore, il fervore del ’68 lo avrebbe coinvolto presto.
Inizialmente i suoi soggetti sono attori teatrali e gli zingari della vicina Romania che rimarranno uno dei suoi soggetti preferiti. Nel 1968 realizza il servizio che lo renderà famoso in tutto il mondo: la Cecoslovacchia sta vivendo la sua Primavera, Dubcek appena salito al potere taglia il cordone ombelicale che li legava ancora alla Russia e questo non va giù ai moscoviti. Una notte il giovane Koudelka viene svegliato dalla chiamata di un amica che l’avvisa dell’invasione russa. Non ci pensa due volte e si precipita per strada a documentare l’accaduto. In Repubblica Ceca però vi era ancora una censura feroce e le foto non sarebbero mai potute uscire liberamente. Tramite canali non ufficiali riuscì a far arrivare le foto a Elliott Erwitt in persona il quale grazie alla sua posizione riuscì a farle pubblicare immediatamente. In men che non si dica il servizio farà il giro del mondo, anche se le foto non porteranno la firma di Koudelka fino al 1984, anno della morte del padre, per paura di ripercussioni sui suoi familiari in patria. Poco tempo dopo il servizio anche Koudelka riceve diversi premi, sempre come ignoto fotografo di Praga, e nel 1970 grazie ad Erwitt riesce a fuggire a Londra dove chiederà asilo politico. Negli anni successivi, grazie al lavoro ottenuto presso l’agenzia Magnum Photos, compie continue peregrinazioni in giro per l’Europa, la gira in lungo e in largo e firma ulteriori servizi e mostre che gli varranno numerosi premi.
La sua fotografia è sempre rimasta fedele ai suoi soggetti preferiti: gli zingari. Realizzerà molte esposizioni dedicate interamente a loro, ai suoi compagni di viaggio. I gitani per Koudelka rappresentano al meglio le stagioni della vita, e grazie al loro modo di essere cattureranno il suo spirito. Non era privo di pregiudizi il suo tempo, anzi, ma comunque lui decise di vivere con loro per alcuni periodi . Questi comportamenti se li porterà sempre con se, tanto che negli alberghi afferma di dormire per terra perché si trova più a suo agio. Un personaggio che non è mai sceso a compromessi, uno spirito libero, non ha mai accettato soldi da riviste, non ha mai venduto le sue foto, ha vissuto e vive solo delle mostre che realizza e dei libri che vende. Infine uno dei suoi ultimi libri, “Chaos”, mi svela che in fondo è così che ama vivere, sembra un uomo che non conosce sbadigli, un domani sempre diverso lo aspetta e se non è così, prende il suo zaino e riparte.