Il romanzo incompiuto Enrico di Ofterdingen (1798-1801, 1802), è senza dubbio l’opera in prosa più importante di Novalis (1772-1801). E a offrire gli spunti per una completa analisi dell’opera, è lo stesso scrittore romantico, nella seguente lettera indirizzata all’amico Ludwig Tieck [1], datata 23 febbraio 1800.
«Il mio romanzo sta venendo del tutto fuori. 12 quaderni sono pressoché ultimati e in testa ho l’intero piano, con sufficiente precisione. Diventerà un’opera in due volumi, il primo dei quali, mi auguro, pronto in tre settimane. Nel complesso, dev’essere un’apoteosi della poesia. Nella prima parte Heinrich von Afterdingen diviene maturo per essere poeta – e nella seconda viene trasfigurato in poeta. Avrà qualche similitudine con lo Sternbald, ma non la sua levità, mancanza questa che forse non sarà negativa, in rapporto al suo contenuto. Si tratta sotto ogni aspetto di un primo tentativo – il primo frutto della poesia, nuovamente destatasi in me, alla cui realizzazione la Tua conoscenza ha contribuito nella misura maggiore. Fra gli speculatori, ero divenuto io stesso una speculazione […]. Adesso leggo Jacob Böhm con coerenza, e comincio a comprenderlo come dev’essere compreso. In lui si scorge senz’altro la potente primavera, con le sue forze sgorganti, trainanti, plastiche e metamorfiche, che partoriscono il mondo dall’interno verso l’esterno – un vero e proprio Chaos animato da oscuri desideri e da una vita meravigliosa – un vero microcosmo che si scioglie. Mi è molto caro averlo conosciuto tramite Te – e tanto meglio allora che i Lehrlinge aspettino – dovranno ora assumere una configurazione del tutto diversa – diventare un romanzo realmente simbolico, un romanzo della natura. Ma prima dev’essere pronto Heinrich […]. Se la Litteratur Zeitung non fosse così miserevole, avrei avuto voglia di inviarle una recensione dei Wilhelm Meisters Lehrjahren – che sarebbe certo l’esatto opposto del saggio di Friedrich. Per quanto io abbia imparato molto dal Meister, ed ancora vi apprenda, tanto odioso mi è però in fondo tutto il libro. Ho tutta la recensione in testa – è un Candide contro la poesia – un romanzo nobilitato. Non si sa chi ne esca peggio – la poesia o la nobiltà, la prima perché ascritta alla nobiltà e la seconda perché ascritta alla poesia […]. Non riesco a capire come ho potuto essere cieco così a lungo […]. Che altra letizia non regna invece in Böhm, ed è proprio in essa che noi viviamo, come il pesce nell’acqua – vorrei parlarne ancora molto a lungo, perché tutto mi è così chiaro e vedo così distintamente la grande arte, con cui nel Meister la poesia viene auto annientata» [2].
Dal testo possiamo desumere le tre fondamentali vie di interpretazione sulle quali fondare questo studio: 1) il rapporto tra l’Enrico di Ofterdingen e Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, e, più in generale, il rapporto tra Novalis e Goethe; 2) l’influenza nell’opera del filosofo mistico tedesco Jakob Böhme; 3) infine, la lucida consapevolezza di un percorso compiuto, di una cosciente maturazione dell’essenza della poesia e del ruolo, del compito del poeta.
[1] Johann Ludwig Tieck (1773-1853). Poeta, scrittore, critico letterario, editore e traduttore tedesco. Insieme ai fratelli Schlegel, a Novalis, a Brentano, a Fichte e Schelling, fece parte di quel gruppo di intellettuali che diede vita al cosiddetto primo Romanticismo di Jena. Scrittore particolarmente versatile, dimostra infatti di adattarsi sin dall’inizio della sua carriera a diversi generi letterari, produce molto soprattutto nella fase giovanile della sua vita, dedicandosi nella maturità in particolar modo all’attività di critico. Tra le sue opere più significative, vi è certo il racconto Der Blonde Eckbert (1797).
[2] Citato in Giampiero Moretti, L’estetica di Novalis, Rosenberg & Sellier, Torino 1998, pp. 170-171.