In occasione dell’uscita del libro “Coloreria Schamash”, fotografia segreta della Parigi di inizio Novecento scattata attraverso i vetri di una bottega, abbiamo pensato di scrivere una serie di spin-off legati al libro, dedicati ad alcuni personaggi meno trattati o temporalmente non presenti a Parigi in quel periodo, ma che meritavano ugualmente qualche riga, una fotografia.
Per colorare ancora di più le nostre parole abbiamo raccolto un “Diario delle storie incomplete”, nel quale raccogliamo con pretesto narrativo degli avvenimenti secondari, delle costole del racconto principale che è “Coloreria Schamash”.
– “Non è vero Amedeo! Non dirle niente”
– “E dai Maurice, non fare la femminuccia! Devi dirle qualcosa, sennò glielo dirò io”
Utrillo aveva messo una bottiglia semivuota tra lui e il bancone dove presiedeva Marie, corteggiata locandiera. Lei sapeva benissimo ciò che provava il pittore bambino, il quale non riusciva a nascondere in nessun modo le sue debolezze e i suoi imbarazzi.

In rue Saint-Vincent, all’ombra del gigante bianco, il Sacre-Coeur, bivaccavano da un paio d’ore Modigliani e Utrillo all’interno del bistrot “la Belle Gabrielle”: dietro i vetri trasparenti si riscaldavano girando come satelliti intorno ad una stufa in ghisa per poi accomodarsi barcollando intorno al tavolo. Fuori c’era Parigi, la Butte, gli assassini e tutti i montmartroise. Le sinfonie che avevano riempito quella stessa via quando vi abitava Berlioz erano lontane, ora la campagna lasciava spazio alle capanne di lamiera tremolanti con qualche vigneto ancora intatto, a fare da tappezzeria all’ambiente.
Utrillo lì vi passava spesso da qualche anno, ma negli ultimi tempi godeva di qualche libertà in più: negli anni precedenti la madre, Suzanne Valadon, pagava i proprietari dei bistrots limitrofi per non servire alcolici al giovane Maurice.
Ma quella sera tutto filava liscio, si fa per dire, il vino andava e veniva da quei bicchieri con la giusta velocità e nessuno dei due commensali aveva intenzione di lasciare quella pancia calda per affrontare il freddo che spaccava le labbra tanniche.
Per passare il tempo Amedeo cercava di convincere Maurice a confessarsi, ma lui non ne voleva sapere. Sapeva di avere le stesse possibilità di un ciuco in una corsa di cavalli. Così, stanco di insistere, Modì decise di incoraggiare il compagno cominciando ad elogiarlo in maniera spregiudicata: si alzò in piedi, andò vicino un quadro di Utrillo appeso alle loro spalle (il locale ne era pieno, il pittore aveva persino disegnato uno speciale menù di Natale per quella taverna) e cominciò a presenziare:
– Questo è il quadro del miglior pittore di Parigi! Siete fortunati voi ad averne così tanti – disse riferendosi a Marie che osservava con gli occhi a mezzasta, non curante – questo, cari miei, è il più grande di tutti!
A quell’affermazione Utrillo prese il colore del vino che aveva nel bicchiere, mentre uno sconosciuto seduto da solo al tavolo vicino alla porta si alzò, finse di osservare un quadro per poi afferrarlo e fuggire di corsa fuori, sparendo nella notte.
I due si guardarono, tutto il locale rimase senza parole, ma nessuno fece un minimo cenno di inseguimento, tranne un vecchio, il quale si fece forza con le braccia sulla sedia per alzare il suo culo solo per qualche secondo: la forza di gravità aveva vinto, rigettandolo senza opposizioni sulla seduta in paglia. Il tonfo fece scricchiolare il legno e la pazienza di Marie.
Utrillo disperato tentò di levare le castagne dal fuoco, si alzò in piedi e urlò – É Modigliani il più grande! Il migliore di tutta la Francia!
A questa uscita la padrona di casa si avvicinò ai due per scacciarli, per quella sera era abbastanza. I due capirono e non aggiunsero altro, recuperarono le giacche e nell’uscire continuarono il siparietto, sbraitando – No, insisto è Utrillo il più grande d’EUROPA!
– E allora Modì il più grande del MONDO! – Controbatteva l’altro. Finché non furono fuori, dove la discussione non si placò.
Dall’interno li sentirono urlare ancora per qualche minuto, poi più nulla.
A notte fonda Marie chiuse il locale, mise i soldi all’interno della giacca e si arrotolò come una ciambella una sciarpa intorno al collo. Due mandate al portone e si girò per tornare a casa: sul muro davanti al negozio, in blu su calce bianca, qualcuno aveva scritto “Qui di fronte è custodito il miglior ricordo della mia vita”. Una dichiarazione incerta ma chiara come il vento secco di quella serata, l’unica possibile per Utrillo.
Con un sorriso, o una paresi visto il freddo, girò l’angolo per scendere la lunga scalinata di Montmartre felice. Quella fogna sembrava un po’ meno fetida quella sera.
Poco più giù, arrotolati intorno ad un albero in piano, una massa informe e scura. Modigliani e Utrillo dormivano beati, abbracciati l’un l’altro per tenersi caldi.