Oggi arriviamo quasi a metà della nostra collana dedicata ai “Novecentismi architettonici” e come spartiacque non potevamo inserire altri a Le Corbusier. L’architetto di svizzero naturalizzato francese si potrebbe definire il padre di una donna (l’architettura) che dopo la seconda guerra mondiale ha cominciato a camminare da sola (spesso zoppicando) e l’orfano privato di quei consigli che si possano realmente definire paterni (tranne le poche voci fuori dal coro, in primis Loos), delle indicazioni, delle pacche sulle spalle che invece ha trovato in giro per il mondo, divenendo comunque l’indiscusso protagonista della teoria novecentesca.
Le Corbusier è oggi infatti tra i più noti architetti moderni, ma perché? Cosa c’è dietro lo pseudonimo macabro e grottesco? Quali idee hanno avuto un’impatto così forte da rimanere impresse così a lungo nelle tavole della legge della prima arte? Oggi proviamo a dare una risposta a questi ed altri quesiti analizzando la genesi e i contenuti di Vers une Architecture, molto più che un semplice libro, per alcuni una bibbia.
A seguito del suo periodo di “formazione” in giro per l’Europa ed il mondo, Le Corbusier si stabilì a Parigi lavorando al fianco di quello che sarà il suo maestro, Auguste Perret, l’architetto che tra i primi sperimentò il potenziale del cemento armato. E come spesso accade, l’allievo supererà il maestro.
In quegli stessi anni dunque, Le Corbusier frequenta una cerchia di “illuminati” alimentati da quel fermento che solo nei primi vent’anni del ‘900 a Parigi si è potuto trovare: i bar, le donne e gli eccessi non scuotono la mente lucida e fredda come le vette svizzere da cui proveniva, e con Amédée Ozenfant fonda “L’Esprit Nouveau”: il titolo è preso in prestito da Apollinaire e descrive al meglio l’aria di rinnovamento che si respirava in quegli anni parigini. La rivista diverrà il “sancta sanctorum” dell’architettura e dell’arte contemporanea, il pulpito dal quale gridare al mondo. Nel primo numero esordiranno così:“Nessuno nega oggi la bellezza che si sprigiona dalle creazioni della moderna industria. Le costruzioni e le macchine si costruiscono sempre più secondo proporzioni, giochi di volumi e materiali, in modo tale che esse sono delle vere e proprie opere d’arte, poiché implica il numero, cioè l’ordine”.
I saggi e gli articoli che usciranno dal 1920 al 1923 avranno sulle generazioni future l’impatto che ha avuto la scoperta del fuoco sull’uomo delle caverne: da qui nascerà proprio nel 1923 “Vers une Architecture”, paragonabile allo Zibaldone leopardiano per l’architettura, un libro ricco di contenuti personali, pensieri, aforismi e regole, regole fondamentali per comprendere e segnare le linee guida del movimento moderno.

Con quest’opera Le Corbusier assegna dei precisi “precetti” volti direttamente ai suoi colleghi, le nuove leve che come lui si affacciavano all’ars per eccellenza. E’ proprio in queste pagine temerarie che azzarda un paragone tra l’ingegneristica e la classicità assumendo come paradigmi il Partenone ateniese, ciò che ha fatto di lui “un ribelle” come egli stesso affermerà, e l’automobile, autentico prodigio della tecnica: e cos’è in fondo il nuovo modo di concepire la casa se non una “macchina per abitare”.
Nel capitolo finale vi è uno dei più coraggiosi tratti lecorbusieriani, l’essere artista estrapolando il suo lavoro da un aspetto utopistico, lavandolo dalle ciarle da salotto e riabilitando una volta per tutte la mano dell’artista: “Architettura o rivoluzione” è un monito a ricordarci che non deve esistere il razionalismo schiavo dell’utilità ad ogni costo, ma nella sua estetica è condizione imprescindibile la convivenza. E ancora, ci sbatte in faccia la totale assenza di alloggi consoni ad una vita sociale accettabile, questione primaria rispetto alle utopie, sociali anch’esse.
Questo è senza dubbio il primo (al massimo secondo) libro che ogni ragazzo, uomo o donna interessati all’architettura, devono categoricamente leggere. E per sceglierlo in questo nostro appuntamento di “Novecentismi architettonici” abbiamo dovuto decidere tra altri due tomi biblici come “Urbanisme”, del 1925, e “La Charte d’Athènes” del 1943, ma nessuno come “Vers une Architecture esprime” un’architettura “pure, netta, chiara, pulita e sana” simbolo di quel movimento moderno che andava scolpendosi sotto le mani rigide del “mastro” francese.
Letture consigliate:
Le Corbusier, Verso una Architettura, Milano, Longanesi, 1973
– Novecentismi architettonici – Un secolo, i suoi padri e i suoi figli
– Adolf Loos, Ornament und verbrechen, 1908
– Frank Lloyd Wright, Ausgeführte Bauten und Entwürfe von Frank Lloyd Wright, 1910
– Tony Garnier, Une Cité industrielle: Etude pour la construction des ville, 1917
– Bruno Taut, Die Stadkrone, 1919
– Le Corbusier, Vers une Architecture, 1923
– Walter Gropius, Internationale Architektur, 1925
– Henry-Russell Hitchcock, Philip Johnson, The International Style: Architecture Since 1922, 1932
– Sigfried Giedion, Space, Time and Architecture. The Growth of a New Tradition, 1941
– Aldo Rossi, L’Architettura della Città, 1966
– Robert Venturi, Complexity and contradiction in Architecture, 1966
– Rem Koolhaas, Delirious New York: A retroactive Manifesto for Manhattan, 1978 / S,M,L,XL, 1995