La scelta dei nomi dei personaggi nel romanzo Hyperion di Friedrich Hölderlin. Terza parte

Nello sviluppo e nella crescita di Iperione durante il romanzo, altre due figure assumono una fondamentale importanza: il maestro Adamas e l’amico fraterno Alabanda.

Se per Iperione abbiam dovuto far riferimento ad una fonte greca mitologica, e per Diotima ad una fonte greca filosofica, per Adamas occorre far riferimento ad una fonte greca letteraria tra le più illustri: l’Iliade di Omero. È qui infatti che compare un guerriero troiano di nome Adamas, italianizzato in Adamante [10].

Etimologicamente parlando, in greco Adamas vuol dire “diamante”, ma anche “colui che non è dominato, che non si piega, acciaio”, e si adatta perfettamente al maestro del protagonista, personaggio encomiabile, tutto d’un pezzo, di un’autentica armonia e potenza dello spirito. Adamas ha soprattutto un tratto in comune con l’allievo, il destino di erranza. Più di ogni altra cosa però ha il grande merito di avvicinare prima e introdurre poi Iperione nel mondo degli eroi, nel sacro culto della grecità. Accompagnandolo nelle sue peregrinazioni attraverso la Grecia, il protagonista imparerà da lui la grandezza del passato di quel popolo.

«Poco tempo dopo, il mio Adamas mi introdusse nel mondo degli eroi di Plutarco e, quindi, nella terra incantevole degli dei greci» [11].

Molto più complesso è il discorso che ci attende riguardo il nome Alabanda. Nella letteratura classica non vi sono figure con questo nome, ma è attestata la presenza di una città così chiamata, menzionata anche dalle fonti contemporanee a Hölderlin (in particolar modo resoconti di viaggio in Grecia e in Asia Minore). Stessa constatazione è riportata nel commento al romanzo di Jochen Schmidt, il quale cita autori come Erodoto, Livio e Cicerone che nell’antichità parlano della città di Alabanda in Caria.

La motivazione che ci spinge a ricercare anche in questo nome un ragionamento simile a quelli fatti per Iperione, Diotima e Adamas, è quella che tutti i nomi dei personaggi più importanti del romanzo sono, come ampiamente dimostrato, fortemente caratterizzati e caratterizzanti in senso simbolico, e non certo casuali.

Parlando del protagonista abbiamo già accennato allo studioso Wolfgang Binder, che qui è necessario riproporre. Binder confessa di non poter basarsi su un dato certo, inattaccabile, sul significato del nome, come invece era stato per Iperione. Lo studioso parte dall’inafferrabilità della figura, che di fatto scompare per due volte nel nulla, e dalla sua mancanza di timore della morte e convinzione dell’assolutezza dell’essere, ricavando una presunta etimologia del nome dall’aggettivo greco “alabes”, nei due significati di “incomprensibile” e “inattaccabile”. Inevitabile che la tesi di Binder abbia suscitato scetticismo, forte scetticismo, e provocato, come la più inevitabile delle conseguenze, letture etimologiche alternative, fantasiose e anche piuttosto avventate. Un esempio è rappresentato da quella secondo la quale l’origine del nome vada ricercata nell’espressione italiana “andare alla banda”, ovvero sbandare. Crediamo sia quasi superficiale sottolineare la scarsa validità della spiegazione.

Ci sembra ora giunto il momento di menzionare al riguardo un interessante articolo del Professore Luigi Reitani [12]. Quest’ultimo sottolinea quanto sia sorprendente che nessuno, ma proprio nessuno dei commentatori ed interpreti di Hölderlin abbia notato che il nome di Alabanda non sia affatto nuovo, estraneo nel panorama del romanzo tedesco del Settecento. Una figura con questo nome compare infatti in uno dei romanzi più letti, più noti degli ultimi decenni del secolo, Der goldene Spiegel di Christoph Martin Wieland (1733-1813). A differenza però dell’attivo rivoluzionario di Hölderlin (perché, insieme al Marchese di Posa nel Don Carlos di Schiller, con cui ha parecchi tratti in comune, Alabanda è uno dei primi rivoluzionari rappresentati nella letteratura moderna), l’Alabanda di Wieland è una donna, e non una donna qualunque. Una donna sensuale, attraente e bellissima, embrionale femme fatale decadente favorita di un principe in un immaginario regno situato nel lontano Oriente, che con i suoi capricci e le sue impossibili bizzarrie conduce lo stato alla rovina.

Questo è il quesito che si pone Reitani: come è possibile che Hölderlin scelga per uno dei personaggi più importanti del suo romanzo lo stesso nome di uno dei personaggi più noti della letteratura tedesca, peraltro con la rilevante differenza di identità sessuale? Hölderlin parla esplicitamente in almeno un paio di sue lettere di Wieland, nelle quali secondo Reitani trasparirebbe un certo fastidio dell’allora giovane poeta alla consacrazione di Wieland come il maggiore scrittore dell’epoca, sentendo respinta la propria emergente generazione. A questo punto Reitani prima di ipotizzare un forse improbabile rapporto tra l’Alabanda di Iperione e l’avvenente femme fatale del Goldene Spiegel, pone la questione di una possibile derivazione di entrambe le figure narrative da una fonte comune. La ricorrenza dello stesso nome per due diversi personaggi può essere indice della rilevanza assunta da una determinata nomenclatura comune nel discorso culturale dell’epoca. È la città greca di Alabanda la traccia che porta a questo possibile codice. Ad essa è associato sin dall’antichità una pietra preziosa, descritta da Plinio nella Naturalis Historia, soprattutto nel libro XXVII dedicato proprio alle gemme ed alle pietre preziose. Qui, nel capitolo VII, si parla delle gemme color fuoco:

«Al primo posto si collocano i carbonchi, così chiamati per la loro somiglianza col fuoco, laddove essi sono insensibili alla sua azione; perciò qualcuno li ha denominati incombustibili. Ci sono le varietà degli indiani e dei garamantidi, chiamati anche cartaginesi a causa dell’opulenza di Cartagine la Grande. Vi si aggiungono gli etiopici e quelli di Alabanda, che si generano a Ortosia, in Caria, ma sono lavorati appunto in Alabanda» [13].

Stando a Plinio dunque il nome di Alabanda rimanda ad una gemma del colore del fuoco. Ma quel che più importa è che la lezione di Plinio sarà alla base di una tradizione di lapidari, cataloghi di pietre, che nascono nel Medioevo e arrivano fino all’età moderna. In questi lapidari compare regolarmente l’alabandina, la gemma prodotta e lavorata nella città di Alabanda. Qui Reitani si ricollega al fatto che spesso in passato al mondo minerale veniva affibbiato un significato simbolico. La natura delle pietre viene per secoli interpretata in modo allegorico, come il mondo floreale e più in genere naturale. D’altronde il collezionismo di minerali – che ebbe in Goethe il rappresentante probabilmente più illustre – fu altrettanto diffuso quanto i trattati sulle pietre. Parlare di pietre significa parlare di una natura interpretata come espressione fenomenica della divinità.

Reitani giustifica poi tale ipotesi facendo riferimento al personaggio di Adamas, ricordando come anche questo nome rimandi ad un’altra pietra preziosa: il diamante.

Fra l’altro il colore rosso fuoco della pietra alabandina bene si presta al carattere infuocato del personaggio che porta il suo nome. L’ultimo e più azzardato tassello del ragionamento porta ad arrischiare l’ipotesi che la denominazione del personaggio di Alabanda da parte di Hölderlin sia una risposta forte, consapevole e voluta all’estetica di Wieland, una sorta di inversione. Al posto della rappresentazione femminile del lusso, della decadenza e della voluttà, Hölderlin mette al centro la rappresentazione maschile della volontà di potenza (mi prendo qui la libertà di usare un’espressione centrale della filosofia di Nietzsche, Alabanda infatti possiede alcuni tratti caratteristici del futuro Ubermensch nietzscheano) e dell’azione. Lo stesso trattato di Plinio offre la possibilità di interpretare la gemma di Alabanda con diverse identità sessuali. Qui si legge infatti: « […] inoltre, in ogni varietà, sono chiamati maschi quelli che risplendono più vivacemente e femmine quelli di un più languido splendore» [14].

Abbiamo fin qui tentato di dimostrare come tutti i nomi dei personaggi principali del romanzo di Hölderlin Iperione, non siano frutto della casualità, ma di un determinato ragionamento basato sulla poetica del poeta. Se per quanto riguarda i nomi Iperione, Diotima ed Adamas non ci restano molti dubbi, non si può dire lo stesso del nome Alabanda. Proprio per questo, proprio perché ci sono pochi dati certi abbiamo dato al riguardo molto spazio ad ipotesi forse troppo avventate, azzardate, ma comunque affascinanti e degne di considerazione.

NOTE

[10] Omero, Iliade, Libro XIII.

[11] F. Hölderlin, Iperione, trad. it. di Giovanni V. Amoretti, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1991, p. 35.

[12] Luigi Reitani, Il nome di Alabanda: Holderlin, Wieland e il genere delle pietre preziose.

[13] Plinio, Storie naturali, Rizzoli, a cura di F.Maspero.

[14] Ivi.

Le altre parti dello studio: La scelta dei nomi dei personaggi nel romanzo Hyperion di Friedrich Hölderlin. Prima parteLa scelta dei nomi dei personaggi nel romanzo Hyperion di Friedrich Hölderlin. Seconda parte.

In copertina: Franz Karl Hiemer, Ritratto di Friedrich Hölderlin, 1792.

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