“Coloreria Schamash”: Diario delle storie incomplete – Ungaretti e Apollinaire

In occasione dell’uscita del libro “Coloreria Schamash”, fotografia segreta della Parigi di inizio Novecento scattata attraverso i vetri di una bottega, abbiamo pensato di scrivere una serie di spin-off legati al libro, dedicati ad alcuni personaggi meno trattati o temporalmente non presenti a Parigi in quel periodo, ma che meritavano ugualmente qualche riga, una fotografia.
Per colorare ancora di più le nostre parole abbiamo raccolto un “Diario delle storie incomplete”, nel quale raccogliamo con pretesto narrativo degli avvenimenti secondari, delle costole del racconto principale che è “Coloreria Schamash”.

Ungaretti e Apollinaire

Che spettacolo surreale un popolo in strada, la gente riversata sui boulevard come mosche su una carcassa.
Urlava tutta la Francia, Parigi tornava a brindare senza pensieri, levando il cartone dalle finestre impacchettate per anni, ad attutire i grandi spostamenti d’aria dei bombardamenti. Ora quelle finestre sembravano bocche, con bandiere francesi come lingue che si adagiavano sul davanzale mentre grida esofagee rigettavano in strada il sommesso motto “A bas Guillaume!”.

Questo scenario si trovò di fronte Giuseppe Ungaretti nel pomeriggio del 9 novembre 1918 quando, di ritorno dalla prima guerra mondiale, attraversò boulevard Saint-Germain diretto verso l’attico del suo amico Guillaume Apollinaire al numero 202, al quale aveva promesso dei sigari toscani dall’Italia.

Il poeta italiano, arruolato nel 19º Reggimento di fanteria della Brigata “Brescia”, dal 1915 scese sul campo di battaglia: fu proprio a seguito degli scontri sul Carso che cominciò a tenere un taccuino di poesie, pubblicate nel 1916 in 80 copie da una copisteria di Udine con il titolo “Il porto sepolto”.

Interno dell’appartamento di Guillaume Apollinaire in boulevard Saint-Germain al numero 202

Nella primavera del 1918 infine venne spedito in Francia, nella regione di Champagne, e fu direttamente da lì che tornò poi a Parigi, sua seconda patria.

La sua camminata trasandata era scandita da un coro di voci funeste, “A bas Guillaume!”. Un uomo vedendolo in divisa gli mise una mano sulla spalla, con una bottiglia in una mano e un giornale nell’altra, gli rigetto un conato d’odio che passò tra i pochi denti che mostrava in un sorriso distorto, e con alito pestilenziale gridò “A mort Guillaume!”. Il “Kaiser Guillaume” nel frattempo era fuggito, mentre in Germania era stata ristabilita la Repubblica. A Parigi ne chiedevano la testa.

Arrivato all’abitazione di Apollinaire, Ungaretti imboccò in fretta le scale per lasciarsi alle spalle le urla, il tremore febbricitante che scuoteva le strade. L’ascesa, di piano in piano, mutava il coro di festa in una nenia sempre più lontana che sembrava salire dalle viscere della terra.

Poi la porta, silenziosa, oltrepassata con quei sigari che avevano fatto la guerra per tornare a Parigi da Apollinaire, e l’aria immobile, di pietra bagnata. Da fuori lentamente ancora salivano le grida “A bas Guillaume!”, mentre Ungaretti entrò nella stanza e vide quell’uomo grande, disteso sul suo letto, con il viso coperto di un velo nero. Era morto Guillaume. Giaceva stroncato dalla febbre spagnola sotto il quadro che Picasso gli aveva regalato per il matrimonio, poco tempo prima. Era morto ormai Guillaume, fu quello l’ultimo tragico ricordo di un’amico per Giuseppe Ungaretti.

Il libro “Coloreria Schamash” è disponibile su:

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