“Sparpagliamo un poco le carte sul tavolo, mischiamo il mazzo e magari leghiamo pure il mazziere alla sedia.” Cercando di raccontare la bellezza di un inizio, di una partenza, dell’incipit come idea galleggiante, vuota a mezz’aria.
Ho pensato fosse riduttivo chiudere in cartelline le differenti esperienze artistiche umane. Ho pensato fosse così attraente paragonare e appaiare arti differenti, raccontando gli Incipit e gli inizi di un’esperienza artistica, qualunque essa fosse, accostando letteratura, musica, cinema e architettura magari.
Questa turpe voglia mi è venuta considerando, mentre tagliavo le unghie dei piedi, quale cannonata fosse l’incipit del capolavoro di Carlo Collodi, ovvero Le avventure di Pinocchio:
“C’era una volta… ‐ Un re! ‐ diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.”
Cosa ci volete fare? Collodi ci ha fatto un regalo enorme, uno scrigno magico, pieno di tutti quei personaggi memorabili, che ci sono entrati sottopelle in maniera incontestabile: Mangiafuoco, i ciuchini, la balena, il gatto e la volpe, e tutti gli altri. Un meraviglia incredibile, una palla di vetro con dentro la neve, la neve fatta di plastica per carità ma che si muove da sola nelle mani dei lettori, effimera e profondissima.
Riflettendo su Pinocchio ero arrivato all’unghia del mignolino, maledetta! La più ostica e irraggiungibile, (in più non ritrovo le forbicine curve, quelle fatte apposta per le unghie, ho solo quelle dritte, ma con quelle spari fuori certe unghie esagonali che bucano tutti i calzini). Comunque. Arrivato all’ultima unghia l’mp3 in modalità random ha selezionato per me Like a rolling stone, pietra angolare del disco Highway 61 revisited, che rappresenta il punto di svolta per il cantautore……. – E bla bla bla fratelli! – Direbbe Roberto Vecchioni.
Sappiamo tutto di Bob Dylan, e sappiamo tutto di quel disco in particolare, ma ragionandoci sopra ci si accorge come il famoso colpo di rullante che apre la canzone, e che tanti critici hanno individuato come spartiacque della storia del rock e della storia musicale del novecento in generale, non è altro che un sovvertimento. Non è altro che stupore! Non è che mutamento rispetto al passato, “non è un re il protagonista piccoli lettori!.. E’ un piccolo burattino, e lo stesso vale per Dylan, non è più la chitarra acustica! Non è più Master of war, non è più il 1962!”
Quindi qual’è il primo ingrediente di un grande inizio?
Lo sconvolgimento! Il soqquadro! Il capovolgimento! Perlomeno questo è il primo fattore che mi viene in mente, di certo non ne faccio un discorso d’importanza, ma di virulenza certamente.
“Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi.”
Le prime righe del grandioso libro del signor Kafka, uomo che ci ha marchiato nel cervello una lettera così strana, una lettera come la K che strideva con il nostro alfabeto, quelle righe sono un vero terremoto, capace di crepare l’intero impalcato della letteratura. La figura del povero Samsa costretto nel letto dalla sua nuova forma ignobile è quel gigantesco colpo di rullante, quel burattino di legno che sostituisce il Re tanto celebrato. E’ il sovvertimento, è il capovolgimento!
Kafka viene a ragione ricordato come uno dei più urticanti innovatori del novecento, “assieme a Marcel Proust e James Joyce” aggiungerei io, che con lui hanno così “ardentemente stuprato l’idea della letteratura dell’ottocento che non è più riuscita a rifarsi una verginità”. Prendendo alcune parole che Henry Miller dedicava a Kerouac.
Proust ha per l’appunto vergato il celeberrimo incipit della sua magistrale opera Alla ricerca del tempo perduto, nel primo dei volumi che compongono l’opera Dalla parte di Swann:
“A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: – Mi addormento. – ”
Marcel Proust inizia la sua opera magistrale con queste parole indimenticabili: “Longtemps, je me suis couché de bonne heure.” Inizia così l’opera della sua vita con un finale, con una frase che è la chiusura di un tuffo enorme nell’abisso del tempo, della memoria. “Il passato è un abisso fosco e spaventoso. Ciò che è entrato in quel crepuscolo non esiste più e non è nemmeno esistito” asserisce Milos Crnjanski. Niente di più falso per quanto mi riguarda, e lo stesso Proust ci racconta la sua contrarietà con 3724 pagine, che incredibilmente iniziano con una fine, in una circolarità stordente. Sovvertimento! Capovolgimento!
Sovvertimento in pietra sono certamente i Propilei dell’acropoli di Atene, il non finito di questo Incipit architettonico e processuale. Ingresso monumentale dorico e ionico, letteralmente “ciò che sta davanti al cancello” che prepara la visita al centro cerimoniale della città, che magicamente non è posto in asse, non è allineato con l’ingresso maestoso dei Propilei. Anzi è completamente fuori asse, tutto è posizionato di 3/4, ad angolo. è “complessità e contraddizione” direbbe Venturi. Capovolgimento! Basta ricordare le grandi infilate dei complessi egizi, come Luxor o Hatshepsut per comprendere la differenza.
In ultimo lascio qui l’incipit di uno dei libri a cui sono più legato, Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo scritto da Laurence Sterne a metà del settecento, che non mi permetto nemmeno di introdurre. Un incipit dove il protagonista racconta in maniera inaspettato il proprio concepimento, ed è proprio così che il libro inizia meravigliosamente:
“Avrei desiderato che mio padre o mia madre, o meglio tutti e due, giacché entrambi vi erano egualmente tenuti, avessero badato a quello che facevano, quando mi generarono. Se avessero debitamente considerato tutto quanto dipendeva da ciò che stavano facendo in quel momento: – che non solo stavano per dar la vita ad un essere ragionevole, ma che per avventura la felice costituzione e temperie del suo corpo, forse il suo genio e la forma stessa del suo spirito, e, checché ne sapessero in contrario, fin le fortune di tutta la sua casa avrebbero potuto subir l’influsso degli umori e delle disposizioni prevalenti in quell’istante; – se essi avessero debitamente soppesato e valutato tutto ciò, ed agito in conseguenza, sono fermamente persuaso che io avrei fatto al mondo una ben diversa figura da quella in cui forse apparirò al lettore.
Credetemi, brava gente, non è cosa di sì poi poco conto, come molti si voi potrebbero essere indotti a credere.
Avete tutti, suppongo, sentiti parlare degli spiriti animali, di come essi siano trasfusi di padre in figlio, e chissà quanto altro mai sull’argomento.
Ebbene, potete fidarvi di quel che vi dico: nove parti su dieci dell’intelligenza o stupidità di un uomo, i suoi successi e insuccessi in questo mondo dipendono dai movimenti e dall’energia di codesti spiriti, dai tratti e congiunture in cui li ponete. Perché, una volta messi in moto, per il verso giusto o no – e non è affar da poco – via! essi partono in gran trambusto come pazzi sfrenati. E a furia di battere e ribattere lo stesso cammino, in poco tempo se ne fanno una strada piana e liscia come un viale di giardino, dalla quale, avvezzi che vi siano, nemmeno il diavolo in persona ce la farà più a staccarli.
-Scusa, caro-, disse mia madre sul più bello, – non hai dimenticato di caricar l’orologio?- -Buon Dio!- esclamò mio padre, sbottando, ma sforzandosi nello stesso tempo di moderare il tono della voce: -Hai mai donna, da Eva in poi, interrotto un uomo con una domanda così sciocca?-
-Scusate, che cosa stava dicendo vostro padre?-
-Niente.-“