“Uno sguardo verso Nord” è quello che un uomo in qualsiasi luogo volge in maniera del tutto ingenua verso un mondo quasi ignoto, poiché lontano dalla propria cultura, ma che getta un ponte per tentare di varcare l’argine utilizzando l’arte come zattera, in qualità ambasciatrice di quello che dovrebbe essere il Patrimonio storico e culturale di un luogo, e quindi la conoscenza del luogo stesso.
Il nostro sarà un viaggio attraverso i paesaggi, le luci, il tepore, il fumo dei camini e le debolezze dell’uomo, la resistenza della legna bagnata al fuoco e quella della neve ad un passo.
E’ giunto il momento di entrare nel cuore della capitale svedese e per farlo abbiamo atteso l’uomo, l’artista, che in quel centro storico oggi ricco e prolifico è venuto alla luce, al 78 di Prästgatan, nel cuore galleggiante che è la Gamla Stan. Era la primavera del 1853 ed allora la città vecchia era per i poveri, il vintage non andava di moda e i servizi erano minimi in quell’anziano arcipelago di case fitto fitto. Lì in mezzo è cresciuto il protagonista di oggi, da lì è iniziata la sua favola artistica, dalla stanza che condivideva con la sua famiglia e dalla casa che condivideva con altri estranei.
Quella di oggi è una storia a lieto fine. Quella di oggi è la storia di Carl Larsson.

Carl Larsson nacque nel 1853 all’interno del cuore antico di Stoccolma, il Gamla Stan, da una famiglia poverissima. La sua infanzia fu segnata dai sacrifici, dalle stanze condivise con i parenti, dalle corse tra gli interstizi della città vecchia inseguendo il sogno di diventare pittore. La madre, abile donna di casa, cercava come poteva di sopperire alle lunghe assenze del padre quando era costretto a partire imbarcato in qualche nave mercantile: quando il genitore era di ritorno tendeva a bere e ad avere eccessi violenti.
Fin da piccolo frequentò la scuola, quella per bambini poveri, coltivando dentro di se il desiderio di provare l’ingresso all’Accademia d’Arte svedese, impresa che gli riuscirà nel 1866, quando aveva appena compiuto tredici anni grazie all’aiuto e all’incoraggiamento del suo lungimirante maestro Jacobsen.
Gli inizi non furono dei più semplici, la timidezza e la sensazione di sentirsi socialmente inferiore inibirono per qualche tempo il giovane artista, ma con i primi successi scolastici arriverà anche una sicurezza maggiore nei proprio mezzi. A sedici anni era già uno dei leader indiscussi di quella scuola, e con le prime commissioni da caricaturista presso alcuni giornali poté permettersi di migliorare sensibilmente la sua vita insieme a quella dei familiari.

Nel 1877 Larsson è ormai un artista maturo, pronto a conoscere le avanguardie pittoriche contemporanee, e così decide di trasferirsi in Francia, a Parigi: quest’esperienza fu frustrante perché priva di quel successo artistico che tanto bramava, costringendolo a muoversi dalla capitale alla ricerca di nuovi punti di contatto, di nuove strade da intraprendere. Dopo la breve esperienza a Barbizon, si rifugiò a Grez-sur-Loing, patria francese dei colleghi scandinavi: proprio qui conobbe la giovane Karin Bergöö, artista che diverrà presto sua moglie.
Ma questa non fu l’unico cambiamento che riportò con se al ritorno dall’esperienza francese, infatti abbandonò quasi definitivamente la pittura ad olio, abbracciando la tecnica degli acquerelli, con la quale realizzerà alcune delle “istantanee” che lo renderanno famoso.
Nel 1888 Carl insieme a sua moglie Karin si trasferirono nel pittoresco villaggio di Sundborn, presso Falun, dove il padre della moglie, Adolf Bergöö, gli aveva donato una casa dove crescere i propri figli, soprannominata “Piccola Hyttnäs”. La coppia non ci mise molto a riempirla, prima di arredi e decorazioni originalissime tutte ispirate ai loro gusti pittorici, e poi di bambini. Ebbero otto figli, alcuni dei quali scomparsi prematuramente, che divennero i soggetti preferiti del pittore, sempre più innamorato di quella abitazione, di quelle giovani creature e della sua amata Karin.
La povertà era ormai un mostro lontano e con l’avvento dei rinnovati miglioramenti tipografici, la stampa a colori gli permise di accrescere ulteriormente la sua popolarità: prima un editore svedese poi uno tedesco decisero di pubblicare alcuni libri scritti e illustrati da lui, contenenti alcune riproduzioni dei suoi acquerelli più celebri. La più nota raccolta è quella del 1909 intitolata “La casa nel Sole” che vendette migliaia di copie.
Fu negli ultimi anni di vita tuttavia che arrivarono le sue opere di maggiore successo, gli affreschi che lo consegneranno alla storia dell’arte svedese, ovvero quello del Teatro dell’Opera e il celebre affresco che decora il Museo Nazionale di Belle Arti di Stoccolma.
Quest’ultimo peraltro non fu apprezzatissimo dalla critica contemporanea, anzi venne ostracizzato una volta realizzato dal Museo stesso: intitolato “Midvinterblot” (Sacrificio di Pieno Inverno), rappresenta re Dòmaldi pronto ad essere sacrificato. L’opera era imponente per dimensioni (6 metri per 14) venne realizzata nel 1915 e commissionata per una parete del Museo, non venne tuttavia mai acquistata ed esposta prima del 1997.

Il duro lavoro svolto, complicato da una malattia che lo colpì proprio durante la realizzazione della stessa, e lo scarso apprezzamento per quello che Larsson considerava il “suo risultato più grande” lo gettarono in depressione. L’espressione più immediata del suo operato, dopo la morte nel gennaio del 1919, rimarranno quelle candide scene casalinghe, quelle calorose invasioni nella vita quotidiana di un padre amorevole, che ha sofferto ed ha visto il suo riscatto attraverso un pennello e il suo talento.