“Uno sguardo verso Nord” è quello che un uomo in qualsiasi luogo volge in maniera del tutto ingenua verso un mondo quasi ignoto, poiché lontano dalla propria cultura, ma che getta un ponte per tentare di varcare l’argine utilizzando l’arte come zattera, in qualità ambasciatrice di quello che dovrebbe essere il Patrimonio storico e culturale di un luogo, e quindi la conoscenza del luogo stesso.
Il nostro sarà un viaggio attraverso i paesaggi, le luci, il tepore, il fumo dei camini e le debolezze dell’uomo, la resistenza della legna bagnata al fuoco e quella della neve ad un passo.
Siamo giunti all’ultima tappa della prima nazione toccata nel nostro “interrail” scandinavo: l’ultimo paese che abbracceremo è Hamina, una congrega di poche anime tra Vyborg e Porvoo, nel nulla della steppa. Prima fase dedicata alla pittura finlandese dunque, come abbiamo già detto, che si concluderà oggi per poi proseguire nei prossimi giorni verso la Svezia. L’ultimo grande pittore finnico, maestro dei simboli nascosti della natura e dell’animo umano, ha fatto di demoni e miti dei fedeli alleati, stiamo parlando del grande Hugo Simberg.

Hugo Simberg fu senza dubbio il più controverso pittore finlandese che visse a cavallo tra XIX e il XX secolo. La sua pittura è a dir poco magnetica, e il suo stile, vicino al simbolismo, è una macabra rappresentazione della vita dalla quale non si può far altro che rimanervi catturati.
Nacque nel 1873 ad Hamina, un piccolo paese nel sud della Finlandia. La famiglia gli permise di vivere in condizione agiata la sua giovinezza, consentendogli un’istruzione superiore alla media del periodo. A 18 anni cominciò a disegnare e solo due anni dopo decise di iscriversi alla Scuola di Disegno dell’Associazionedelle Arti finlandese. Il suo carattere ribelle, e già ben delineato fin da giovane, lo spinse ad abbandonare gli studi per prendere lezioni dal suo maestro contemporaneo, Akseli Gallen-Kallela. Vi rimase per circa tre anni, anche se durante questo periodo si allontanò dallo studio di Gallen-Kallela in due diversi momenti, per intraprendere un viaggio a Londra e successivamente a Parigi e in Italia.

Fin da giovane quindi cominciò ad esporre in tutta Europa, spesso al fianco dei più noti connazionali. Ma il coraggio è una dote che non mancava senza dubbio al giovane Simberg, tanto da portarlo ad alcuni importanti incarichi. Nel 1903-06 si ritrova a dipingere gli interni della cattedrale di Tampere insieme a Magnus Enckell. Ed è proprio in questa occasione che dipinge probabilmente il suo capolavoro, “L’angelo ferito”. La scena ritrae un angelo bendato mentre viene portato in barella da due ragazzi. Intriso di simbolismi, quest’opera per la sua natura mistica l’ha reso immortale.

Purtroppo la sua vita fu breve, infatti morì nel 1917 ad Ahtari, ma questo non gli impedì di lasciare un segno potente nella cultura finnica, imponendo il suo stile tra i vari maestri che vissero il suo tempo. Simberg è il volto oscuro della vita, è colui che guarda in faccia la morte senza temerla. Adora il macabro tanto da rimanerne intrappolato in uno stile che diventerà personalissimo, ricordando vagamente il satanico Felicien Rops, ma con la differenza che in Simberg c’è un credo di fondo, la religione è presente, sempre o quasi, anche se a volte è contrastata da impavidi demoni.