Il MEDIA E IL PANOPTICUM. Passando alla questione dei media e del loro contributo al «vortice» delle immagini. Questo contributo è poderoso: a cominciare, per esempio, dall’invenzione della stampa, per non parlare dei media più recenti. La circolazione accelerata delle immagini sembra obbedire tuttavia a una «logica» immanente su cui il libro si sofferma a lungo. Questa «logica» è per così dire «circolare»: se da una parte le immagini, muovendosi sempre più rapidamente, si «alleggeriscono» – ossia si allontanano dal loro significato e contesto originario diventando «pure immagini», dall’altra succede che più si alleggeriscono e più si muovono. E’ un processo che si autoalimenta. La statua di Apollo sottratta al tempio greco ed esposta nel museo archeologico si è «alleggerita» (perdendo la sacralità originaria del simulacro), e tanto più si alleggerisce quanto più la sua immagine circolerà nei cataloghi, nei manuali, nei cervelli dei visitatori. Ma nell’alleggerirsi – nel desemantizzarsi – tanto più potrà convivere, nello stesso spazio – fisico o mentale – con immagini di tutt’altra natura, e ibridarsi con immagini di altra provenienza, generando vorticosi processi fusionali. Nel grande Panopticum che è la tarda modernità tutte le forme possono convivere e mescolarsi «pacificamente». Anche i simboli dei vecchi regimi – per esempio le bandiere rosse, la falce e il martello – possono entrare nel grande frullatore come puri elementi estetici. Nel dire questo non scopre, ovviamente, nulla di nuovo: di questo panopticum Flaubert dà una descrizione insuperata ed esilarante nel Bouvard et Pécuchet. Flaubert aveva già capito tutto. Ma la diagnosi di Flaubert (o anche di Kierkegaard, e prima ancora del giovane Schlegel) non è servita a fermare il vortice. Il bolide vorticante ha continuato a vorticare sempre più rapido.
LA FORMA-MUSEO COME FORMA UNIVERSALE DELLA SECOLARIZZAZIONE. Il processo di «alleggerimento» in cui consiste la nascita e l’evoluzione della «sfera estetica» è un processo di secolarizzazione. Lo è in senso stretto, come dimostra l’evoluzione dell’iconografia religiosa (a partire dal ‘400 l’arte continua a trattare gli stessi temi sacri ma trasportandoli in uno spazio che non è più sacrale ma teatrale, e che perciò li alleggerisce, li riduce, li secolarizza: come quando la borghesia fiorentina incomincia a invadere il palcoscenico negli affreschi quadri del Ghirlandaio o nella Cappella Brancacci). Ma si può parlare di «secolarizzazione» in senso lato: come di un processo che non è limitato all’iconografia religiosa ma vede imporsi ovunque quella che chiamo la forma-museo. Come è noto ed evidente, non c’è oggetto che non possa essere «museizzato» (e beninteso: anche i parchi naturali o i luoghi del patrimonio UNESCO sono «museizzati» nello stesso senso: si tratta in questi casi di musei impropri o en plein air). Ora, il processo della «museizzazione» trasforma in immagine pura tutto ciò che tocca (le nuove tecnologie, lavorando sulla «realtà aumentata», tenteranno di ampliare lo spettro spettro percettivo dell’esperienza museale: avremo musei in cui potranno fare esperienza olfattive, tattili e via dicendo, ma sarà sempre un’esperienza di «simulacri», appunto aumentati). E smaterializzando la cosa, si può dire che la «secolarizza».
Il libro è di Flavio Cuniberto è acquistabile a questo link:
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