Un corso di letteratura italiana contemporanea interamente dedicato alla poesia di Giorgio Caproni.
Una docente che oltre ad essere docente è anche poetessa, scrittrice e giornalista: Biancamaria Frabotta.
Uno studente: io.
E poi? Cos’altro? Appunti. Una pioggia di appunti.
Dietro la raccolta Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee sta la polemica di Caproni contro la neo-avanguardia. La accusa di formalismo alla rovescia; conformismo sotto forma di anticonformismo; ripetitiva, noiosa; si può rappresentare il caos e il vuoto con il caos e con il vuoto?
Il congedo è legato alla prossimità alla vecchiaia dell’autore e del suo secolo.
Il fischio (parla il guardacaccia) esprime l’esatto contrario di Prudenza della guida. Due possibilità di vita (Kierkegaard): la prudenza e l’avventura.
Caproni definisce Il fischio un raccontino allegorico.
Non bisogna temere la morte. La morte ci abita.
Nel Fischio c’è un pubblico e un personaggio. Il guardacaccia è il super-ego, colui che si vorrebbe essere, ma non si è.
IL FISCHIO
(PARLA IL GUARDACACCIA)
Έμάς δέ φρένας έρεθισε
διάτορος φόβος.
Eschilo, Prometeo, 181
Non credo che questo sia
il fischio del bracconiere.
C’è troppa nebbia. Comunque
(qui son le carte) finite
voi la partita. Io
(potete continuare a bere
anche per me) conosco,
né posso esimermi, quello
ch’è il mio preciso dovere.
Qualsiasi richiamo nel bosco
oda insolito, uccello
o altro agente che sia,
devo andare a vedere.
Porgetemi per cortesia,
è lì a quel chiodo, il fucile
ed il mio cartucciere.
Intanto (scusate: ci vuole,
col freddo che m’aspetta)
lasciate ch’io mi versi ancora
– ultimo – quest’altro bicchiere.
Nel vino, a saper ben vedere,
c’è scienza – c’è illuminazione.
Ma voi, senza una ragione
al mondo, voi perché ora
ch’io sono pronto, e il cuore
già ho fatto allegro, ancora
voi mi state a guardare
a quel modo, quasi
con l’aria di chi sospetta
qualcosa, né si vuol pronunciare?
Vi vedo, o m’inganno, tremare,
agli angoli, la bocca?
Amici, posso anche sbagliare;
ma questo, comunque, vi dico,
e una volta per tutte:
temere fuori il nemico
(vi ripeto: il fucile!)
è cosa, prima ancora che vile,
a parer mio troppo sciocca.
Porgetemi anche le cartucce
e rimettetevi a bere.
Dovreste almeno sapere
che quando s’è avuto una piuma
sul cappello, e in sorte
stivali e gabbana verde,
per non dir altro si perde
il tempo, pensando alla Morte.
Vedete, una volta vivevo
sul mare. Stavo a Livorno.
Che città! Dal Forno
Mascagni fino ai Quattro Mori,
Un vento profondo sbiancava
le piazze, mentre vibrava
nei vetri la sirena
marittima dei vapori.
Uscivo di rado. Fuori,
rammento, circolava
un’aria che mi sgomentava
di solitudine. Eppure,
sapeste come si popolava
quel vento, e che figliole
passavano, tra sassaiole
fitte di ragazzacci
aizzati, che si sgolavano,
per troppo amore, in ingiurie.
Traetene la conclusione
che più v’aggrada. Io…
Non so se voi vrediate in Dio
o ad altro. Per conto mio
– occhio! la stufa fuma,
e può annerirvi la piuma
annerendo la stanza –
tutto ciò ha un’importanza
relativa. Piuttosto
(ne parleremo insieme,
qui, al mio rientro)
ficcatevi bene in testa
quanto ancora vi dico:
che vale temere il nemico
fuori, quand’è già dentro?
Il guardacaccia, caccia
ed è cacciato. Questa
è una norma sicura.
Al diavolo perciò la paura,
giacché non serve. Tanto,
in tutti noi non resta
– sola – che la certezza
già da tempo in me sorta:
chi fabbrica una fortezza
intorno a sé, s’illude
quanto, ogni notte, chi chiude
a doppia mandata la porta.
Lasciatemi perciò uscire.
Questo, io vi volevo dire.
Per quanto siano bui
gli alberi, non corre un rischio
più grande di chi resta, colui
che va a rispondere a un fischio. [1]
Le prime cinque strofe costituiscono la prima parte del Fischio: è il recitativo. Situazione di rischio (il fischio non è quello del bracconiere, c’è troppa nebbia; si apre allora il ventaglio della possibilità), di incertezza. Guardacaccia ciarliero, che divaga (le parentesi). Scelta di una nebbiosa realtà; forte spinta etica, quasi sbruffona. Nella terza strofa discorso semiserio sul vino, che illumina la realtà. È cambiato il tono dell’interrogazione rispetto alla poesia del passato. Questa è un’interrogazione dissimulata, e la dissimulazione è propria dell’ironia. Nella quarta strofa si evoca il tremare. Gli amici stanno per essere evangelizzati, il guardacaccia è una sorta di predicatore, non è cerimonioso, è spiccio, ostenta una sicurezza che in realtà non ha. Tenere il nemico fuori è vile e sciocco. L’abito che indossa realizza il guardacaccia.
La sesta e la settima strofa costituiscono la seconda parte della poesia. Compare Livorno, è un inserimento tardo, simmetria con il preticello, che è genovese. Non si rievoca una giovinezza allegra. Solitudine come manifestazione dello sgomento, che equivale all’angoscia. Ora l’angoscia è superata. Livorno popolare, che suscita paura. Il mondo è minaccioso. In una sola strofa cancellato il mito della Livorno di Annina.
Le ultime tre strofe costituiscono la parte conclusiva del Fischio: il tono si allontana da ogni argomentazione razionale (il vino). Iniziamo a non sapere. Dettagli quotidiani (distrazione). Tono tutt’altro che cerimonioso («ficcatevi…»). Scioglimento dell’allegoria. Non ci sono alternative: o caccia o è cacciato, e questa è una certezza.
NOTE
[1] Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986, Garzanti, 1989, pp. 163-266.
Gli appuntamenti precedenti:
Caproni in itinere. Parte I
Caproni in itinere. Parte II
Caproni in itinere. Parte III
Caproni in itinere. Parte IV. Introduzione ai Lamenti
Caproni in itinere. Parte V. I lamenti
Caproni in itinere. Parte VI. Le biciclette
Caproni in itinere. Parte VII. Stanze della funicolare
Caproni in itinere. Parte VIII. Il passaggio d’Enea
Caproni in itinere. Parte IX. L’ascensore
Caproni in itinere. Parte X. Litania
Caproni in itinere. Parte XI. Il seme del piangere, 1
Caproni in itinere. Parte XII. Il seme del piangere, 2
Caproni in itinere. Parte XIII. Il seme del piangere, 3
Caproni in itinere. Parte XIV. Il seme del piangere, 4
Caproni in itinere. Parte XV. Il seme del piangere, 5
Caproni in itinere. Parte XVI. Congedo del viaggiatore cerimonioso