Un corso di letteratura italiana contemporanea interamente dedicato alla poesia di Giorgio Caproni.
Una docente che oltre ad essere docente è anche poetessa, scrittrice e giornalista: Biancamaria Frabotta.
Uno studente: io.
E poi? Cos’altro? Appunti. Una pioggia di appunti.
Caproni spiega che il «muro» – con il «franco cacciatore», «la Bestia» e la «Cosa perduta» uno, o meglio, il primo dei quattro simboli scolpiti nell’unica allegoria della sua Apocalisse [1] – rappresenta l’impossibilità di superare la nostra condizione, e potrebbe essere il cranio o la caverna del mito di Platone.
Il tema del «muro» era già stato anticipato nel Lamento (o boria) del preticello deriso:
Per tutti, c’è una parete
in cui dobbiamo cozzare.
Ma con il Preticello siamo ancora sulla terra, e non all’inferno. Egli fa i conti con la fede, è una testimonianza dell’umano. Fondamentale il penultimo distico:
Questo faccio per voi,
per me, per tutti noi.
C’è ancora la possibilità di far conciliare altruismo ed egoismo del poeta, nel Muro della terra no.
Narrazione ed epigramma sono le due forme di poesia presenti nella raccolta.
Caproni accenna a Pascal, che definisce gli atei ciechi, e dichiara che probabilmente il filosofo lo collocherebbe proprio tra questi. Secondo Enzo Siciliano Il muro della terra è un libro pieno della rabbia di chi non crede, di chi non ha fede. Caproni dichiara che nel libro è presente una religiosità in negativo.
Uno dei centri del libro è la solitudine dell’uomo d’oggi, dell’uomo e non solo del poeta.
Il muro della terra è costruito per blocchi organici, sezioni incentrate su motivi specifici.
Il titolo è tratto dal X canto dell’Inferno, versi 1-3:
Ora sen va per un secreto calle,
tra ’l muro de la terra e li martìri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.
Il «muro de la terra» è il muro della città di Dite. Dante e Virgilio si trovano nel sesto cerchio, dove sono puniti gli eretici (è il canto di Farinata e Cavalcante).
L’epigrafe, di Annibal Caro, introduce l’ambiente desertico:
Siamo in un deserto,
e volete lettere da noi?
Seguono i versi di Quasi ad aulica dedica:
Ah rosa, quando ti colsi,
montana e quasi longobarda ancora… [2]
La «rosa» è ovviamente Rina, la moglie del poeta.
Sezione Tre vocalizzi prima di cominciare. Caproni dichiara che forniscono la chiave.
FALSA INDICAZIONE
«Confine», diceva il cartello.
Cercai la dogana. Non c’era.
Non vidi, dietro il cancello,
ombra di terra straniera. [3]
Anche questo libro è un viaggio, ma il viaggiatore non è più cerimonioso. Tra l’aldiqua e l’aldilà non c’è differenza.
TRISTISSIMA COPIA OVVERO QUARANTOTTESCA
Partivan tutti e addio
e addio e addio e a Dio.
Soltanto chi non partiva (io)
partiva in quel rimescolio. [4]
Dal XXIV canto dell’Inferno, verso 91: «Tra questa cruda e tristissima copia». Nella Commedia «copia» sta per moltitudine. Settima bolgia, tra i ladri tormentati dai serpenti.
«Quarantottesca»: ripresa parodica di una canto di guerra del 1848 Addio mia bella Addio.
Nella poesia di Caproni l’espressione dantesca indica sì la folla dei combattenti in partenza, ma anche l’imitazione, il plagio. Distorsione semantica.
Il primo distico è un bisticcio, il secondo un paradosso. Dio/io è la rima centrale.
DEDIZIONE
J’ai mis bas les armes.
J’ai amené les voiles.
J’ai baissé pavillon.
Que me reste-t-il, sinon
battre la chamade? [5]
Come dichiara Caproni nella nota al Muro della terra, il termine «dedizione» è utilizzato nel senso militare di resa. Poesia legata a quella precedente, alla resa di Livorno, ultima città martire.
Traduzione: Ho messo giù le armi. Ho ammainato le vele. Ho abbassato la bandiera. Che altro mi resta, se non dare il segnale di resa (oppure avere il cuore in gola)?
NOTE
[1] Biancamaria Frabotta, Giorgio Caproni. Il poeta del disincanto, Officina Edizioni, Roma 1993.
[2] Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986, Garzanti, 1989, p. 293.
[3] Ivi, p. 297.
[4] Ivi, p. 298.
[5] Ivi, p. 299.
Gli appuntamenti precedenti:
Caproni in itinere. Parte I
Caproni in itinere. Parte II
Caproni in itinere. Parte III
Caproni in itinere. Parte IV. Introduzione ai Lamenti
Caproni in itinere. Parte V. I lamenti
Caproni in itinere. Parte VI. Le biciclette
Caproni in itinere. Parte VII. Stanze della funicolare
Caproni in itinere. Parte VIII. Il passaggio d’Enea
Caproni in itinere. Parte IX. L’ascensore
Caproni in itinere. Parte X. Litania
Caproni in itinere. Parte XI. Il seme del piangere, 1
Caproni in itinere. Parte XII. Il seme del piangere, 2
Caproni in itinere. Parte XIII. Il seme del piangere, 3
Caproni in itinere. Parte XIV. Il seme del piangere, 4
Caproni in itinere. Parte XV. Il seme del piangere, 5
Caproni in itinere. Parte XVI. Congedo del viaggiatore cerimonioso
Caproni in itinere. Parte XVII. Il fischio (parla il guardacaccia)
Caproni in itinere. Parte XVIII. Lamento (o boria) del preticello deriso