I fiori del male (1857) è il racconto in versi di una vicenda esistenziale fuori dall’ordinario, vissuta da un’anima complessa, turbata e lacerata. La sezione della raccolta nella quale tale complessità, tale turbamento e tale lacerazione si manifestano nel modo più feroce e violento è quella emblematicamente intitolata Rivolta, contenente tre componimenti provocatori e splendidi: Il rinnegamento di san Pietro, Abele e Caino e Le litanie di Satana.
Il diavolo è una figura centrale all’interno della produzione di Charles Baudelaire. Compare nello Spleen di Parigi e, in un contesto più intimo, domestico, nei Razzi, dove è definito, secondo il modello proposto, canonizzato da John Milton nel Paradiso perduto, «il più perfetto tipo di bellezza virile» [1], e nel Mio cuore messo a nudo. Compare, soprattutto, nei Fiori del male, e in più di un’occasione. Significativamente nella poesia che inaugura il capolavoro, Al lettore («Sul guanciale del male Satana Trismegisto», v. 9; «Tiene il Diavolo i fili che ci muovono», v. 13), poi ne L’invasato («Mio caro Belzebù, t’adoro!», v. 14), ne La distruzione («Il Demonio s’agita senza posa accanto a me», v. 1) e, nel modo più netto, ne Le litanie di Satana, il componimento che conclude la sezione Rivolta.
Generalizzando si può affermare che quella del maligno è una presenza fissa nella raccolta – e non potrebbe essere altrimenti, basta leggere il titolo -, c’è anche quando non si vede. Aleggia sinistra, opera sottotraccia, manovrando «i fili che ci muovono», come un funesto burattinaio.
Ciò che contraddistingue Le litanie di Satana dalle altre poesie dei Fiori del male in cui compare il diavolo, è la completa e incondizionata presa di posizione del poeta in suo favore, come un vero e proprio fedele di questo «Dio tradito dalla sorte e privato di lodi». Eppure è importante precisare come questo componimento rappresenti solo un momento e non un definitivo stato delle cose. Pur subendo il fascino irresistibile del Male e del suo signore, Baudelaire non ha mai preso una decisione risolutiva in favore di quest’ultimo. Perché una decisione risolutiva non si può prendere. A tal proposito risulta particolarmente utile un passo del Mio cuore messo a nudo:
«In ogni uomo ci sono, in ogni momento, due postulazioni simultanee, una verso Dio, l’altra verso Satana. L’invocazione a Dio, o spiritualità, è un desiderio di salire di grado; quella di Satana, o animalità, è una gioia di scendere» [2].
Dio e Satana rappresentano due «postulazioni simultanee» connaturate all’uomo, ed egli oscilla ora da una parte ora dall’altra, senza potersi schierare in maniera definitiva. E questa perenne oscillazione, questa impossibilità di scelta contribuisce a lacerare il poeta. Si tratta di un conflitto, un conflitto violento, sanguinoso dal quale zampillano i versi di Baudelaire.
Passando più specificatamente al componimento, al contrario di quanto avviene in molta della letteratura romantica, Baudelaire non attua un’operazione di riscatto di Satana. Il poeta lo ammira in quanto sconfitto, vinto, caduto, velatamente malinconico per ciò che poteva essere e non è stato, ma sempre e comunque orgoglioso del proprio regale ruolo.
Il poeta invoca un capovolgimento di parte tra Dio e Satana. E non solo lo invoca, lo attua. Già nel secondo verso Satana è definito «Dio tradito dalla sorte e privato di lodi». Inoltre come Dio è onnisciente: «Tu, che sai tutto» (v. 7). E nel verso numero quarantuno il capovolgimento è completo, Satana rimette i peccati: «confessore degli impiccati e dei cospiratori» (il tradimento è la colpa più grande, imperdonabile, come insegna il sistema dantesco dei peccati, e conficcato nel lago ghiacciato di Cocito Lucifero addenta i tre più celebri traditori della storia: Giuda, Bruto e Cassio).
Nella poesia emerge una certa vicinanza tra Satana e l’uomo, una certa solidarietà. Del resto, i due esseri condividono lo stesso destino, sono dei cacciati, degli espulsi, degli esiliati (Satana è «Principe dell’esilio», v. 4 e «Bastone degli esuli», v. 40), vittime della crudeltà divina. E il tema della crudeltà di Dio è centrale in questa sezione dei Fiori del male, si impone anche nelle altre due poesie: nel Rinnegamento di san Pietro [3] Dio ignora il proprio figlio sulla croce, anzi, addirittura si diverte («- Gesù, ricordati dell’Orto degli Ulivi! / Tu pregavi in ginocchio, nella tua semplicità, / quello che nel cielo rideva al suono dei chiodi / che ignobili carnefici ti piantavano nelle carni vive.»); in Abele e Caino [4] preferisce del tutto arbitrariamente il primo al secondo causando così il fratricidio. Al termine di Rivolta è Dio, e non Satana, a configurarsi come vero, atroce rappresentante del Male.
LE LITANIE DI SATANA
Tu, che sei il più saggio e il più bello degli Angeli,
Dio tradito dalla sorte e privato di lodi,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Principe dell’esilio, al quale s’è fatto torto,
e che, vinto, sempre più forte risorgi,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che sai tutto, gran re delle cose sotterranee,
guaritore familiare delle umane angosce,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che perfino ai lebbrosi, ai paria maledetti,
insegni con l’amore il gusto del Paradiso,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che da quella vecchia e forte tua amante ch’è la Morte
generasti quella Speranza pazza e seducente,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che dai al proscritto quello sguardo calmo e altero
che danna tutto un popolo intorno a un patibolo,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che sai in quali angoli di terre gelose
il Dio geloso nascose le pietre preziose,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, con l’occhio chiaro che conosce i profondi arsenali
dove dorme sepolto il popolo dei metalli,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, con la mano larga che nasconde precipizi
al sonnambulo errante sull’orlo d’edifici,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che come un mago rendi elastiche le vecchie ossa
del ritardatario ubriacone calpestato dai cavalli,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che per consolare il debole che soffre
c’insegnasti a mischiare lo zolfo ed il salnitro,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che stampi il tuo marchio, complice sottile,
sulla fronte dello spietato e vile Creso,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Tu, che metti in occhi e cuore di ragazze
il culto delle pieaghe e l’amore per i cenci,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Bastone degli esuli, lampada degli inventori,
confessore degli impiccati e dei cospiratori,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Padre adottivo di quanti Dio Padre cacciò
nella sua nera collera dal paradiso terrestre,
Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!
Preghiera
Gloria e lode a te, Satana, nell’alto
dei Cieli, ove regnasti, e nel profondo
dell’Inferno, ove, vinto, sogni in silenzio!
Fa’ che un giorno la mia anima riposi accanto a te
sotto l’Albero della Scienza, quando sulla tua fronte,
come nuovo Tempio, si spanderanno i rami! [5]
NOTE
[1] C. Baudelaire, Razzi, in C. Baudelaire, Il mio cuore messo a nudo, a cura di Diana Grange Fiori, Adelphi edizioni, Milano 1983, p. 22.
[2] C. Baudelaire, Il mio cuore messo a nudo, a cura di Diana Grange Fiori, Adelphi edizioni, Milano 1983, p. 59.
[3] Per una lettura ed una breve analisi della poesia si veda l’articolo Charles Baudelaire – Rivolta – Il rinnegamento di san Pietro.
[4] Per una lettura ed una breve analisi della poesia si veda l’articolo Charles Baudelaire – Rivolta – Abele e Caino.
[5] C. Baudelaire, I fiori del male, in C. Baudelaire, I fiori del male e tutte le poesie, a cura di Massimo Colesanti, traduzione di Claudio Rendina, Newton Compton editori, Roma 2014, pp. 297-301.
In copertina: Gustave Doré, illustrazione per il Paradiso perduto di Milton.