Un corso di letteratura italiana contemporanea interamente dedicato alla poesia di Giorgio Caproni.
Una docente che oltre ad essere docente è anche poetessa, scrittrice e giornalista: Biancamaria Frabotta.
Uno studente: io.
E poi? Cos’altro? Appunti. Una pioggia di appunti.
Caproni inizia ad insegnare in alta Val Trebbia. Terzo luogo protagonista dopo Livorno e Genova. Olga Franzoni, la fidanzata, malata, lo segue e gli muore tra le braccia. Siamo nel 1936.
Nel 1937 forte crisi di panico.
Lettera a Carlo Betocchi (1899-1986), poeta ermetico, guida morale degli ermetici, tra i pochissimi ad aver scritto una recensione su Come un’allegoria: sgomento parola ricorrente; «Sono un uomo mediocre»; sottolinea con trasporto e commozione l’importanza della defunta Olga; «Potessi dire un giorno il mio amoroso sgomento», eros fondamentale in questo sistema psichico.
Nel 1938, solamente un anno dopo la traumatica scomparsa di Olga, Caproni si sposa con Rina Rettagliata. Superamento della forte crisi di panico.
Scrive la raccolta Finzioni (1941).
FINZIONI
Cara, con poca cipria
e minio, che bella festa
inventi sopra il tuo viso
giovane!
Tale su questa
piana dove ti chiama
di suoni allegri al riso
l’eco, con bei colori
e nuovi s’è acceso il lume
vario del ballo:
odori [1]
d’erbe e di carnagioni
indocili – e perfino il fumo
dei roghi copre il profumo
che tra i fienili muove
il gioco delle tue finzioni [2].
Sintassi torta musicalmente. Poesie ad eco in cui i suoni producono eco. Fumo/profumo. Siamo nel 1938, anni di preallarme, ma di questo preallarme non c’è traccia. Gioco fatuo e frivolo dell’eco, gioco fatuo e frivolo del suono. Non c’è allegoria, c’è gioia di comporre, gioia di creare. È tutto un ballo. È tutta una festa. Una festa di musica, di odori, di colori. Trionfa la spensieratezza. Quella spensieratezza quasi infantile che porta all’indifferenza delle cose del mondo. Trionfa l’entusiasmo del sentimento amoroso. Trionfa la frivolezza.
Caproni sempre molto attento alle etimologie delle parole che utilizza. Finzioni come creazioni o simulazioni, da fictiones, ad esempio creare nomi, ad esempio creazione dell’uomo.
La finzione è un processo creativo: creo figure e, soprattutto, nomi, o parole. I nomi sono qualcosa di più di semplici parole. Il poeta è colui che nomina il mondo, imitando così la creazione divina. Si tratta dunque di simulazione.
Fictio nominis: nomi; fictio hominis: uomini; fictio personae: persone, personaggi.
Il poeta non può creare uomini, può creare solo attraverso la simulazione (inquietudine).
Poesie lievi, sì, ma titoli pesanti. Pesanti come macigni.
Giorgio Caproni è fascista. Collabora alla rivista romana di regime «Augustea» pubblicando, tra il 1938 e il 1940, diversi articoli. Alcuni raccapriccianti. Parteciperà poi alla Resistenza. E nel 1948 si iscriverà al Partito socialista.
Negli anni successivi all’uscita di Finzioni darà diversi significati alla raccolta. Eccone alcuni: si vergogna quasi di aver scritto un simile volume durante quel periodo tragico e decisivo; vergogna e riconoscimento della finzione (è bello credere anche se non si crede minimamente); definisce Finzioni l’«epitaffio della mia gioventù»; nel 1971 definirà quelle vecchie e giovanili poesie «casalinghe fantasie come una dolce e compatibile viltà» e «fatui amuleti». Giorgio Caproni, in sostanza, si assolve. Proprio come un prete assolve il peccatore dopo la confessione.
NOTE
[1] Odori: s.m. plurale di odore (N.d.A.).
[2] Giorgio Caproni, Finzioni, in Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986, Garzanti, 1989, p. 59.
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