La barbarie

Nonostante l’imponenza, le statue millenarie soccombono sotto i colpi insensati, immotivatamente violenti di uomini, o meglio, di barbari senza coscienza. Corpi scolpiti nel marmo, che su di essi portano il peso di migliaia di anni, vengono mutilati con orgoglio e noncuranza, devastati, disintegrati a colpi di martello. L’eternità annientata da una furia che inorridisce, che offende, oltraggia, stupra la storia, la civiltà e quello stesso Dio nel nome del quale l’orribile crimine viene compiuto.

Osservare immagini di una tale violenza fa male, addolora più di qualunque gola sgozzata, più di qualunque capo decapitato. L’uomo distrugge la parte più nobile del suo passato, cancella per sempre dalla faccia della terra la sua memoria, le sue radici, tutto quel che resta, e l’animo di chi assiste sbigottito ad una tale barbarie subisce un colpo duro, durissimo. Il cuore si ferma per un istante, poi ricomincia a battere, ma è un battito diverso, affranto, affaticato. Niente sarà più come prima. Il dolore diviene fisico. L’incredulità prima, e la rabbia poi, piegano le gambe. In ginocchio, lo spettatore della disumana devastazione stringe i pugni e, a denti stretti, domanda: «Perché?». La voce, inizialmente debole, spezzata dal pianto, diviene presto grido. Un grido di indignazione. Non c’è risposta. Perché? Perché? No, non c’è risposta. Non può esserci. La barbarie non ha mai una spiegazione. Mai.

Un’intera, gloriosa civiltà umiliata, annichilita, demolita nel giro di pochi e folli attimi. Non restano che frammenti. Non resta che polvere. L’uomo si rigenera, la storia no. Cedere ad istinti guerrafondai è normale, è naturale. Il pacifismo cede inevitabilmente il passo al risentimento ed allo sdegno. Non può esserci comprensione, no. Non può esserci indulgenza, non può esserci perdono. Quando è la Cultura ad essere colpita, non c’è giustificazione che tenga.

Come può un uomo, un uomo come me, come voi, come noi compiere un tale delitto, un tale assassinio? Un simile gesto apre gli occhi, li spalanca con violenza, recide le palpebre. Se un uomo, anche uno solo, è capace di macchiarsi di un tale reato, l’intera umanità è in pericolo.

La vendetta… Forse, forse lo sterminio di quei barbari è l’unico rimedio. Forse non c’è altra soluzione per arrestare l’emorragia interna di cui siamo vittime dopo aver osservato immagini tanto crudeli, violente, brutali. No, non basterebbe. Sapere che i barbari sono stati annientati non cancellerebbe il dolore, non deprimerebbe l’angoscia che soffoca. No. La colpa, in ogni caso, resterebbe, indelebile, per sempre. La minaccia resterebbe sempre viva, sempre in agguato, accovacciata sordida all’ombra di un ideale distorto, oppure di una fede esasperata e futile. E allora? Allora cosa fare? Piangere. Versare lacrime amare, autentiche, sincere. Io vi odio assassini, io vi odio barbari, io vi odio uomini. Non siete neppure capaci di rispettare quelle poche, quelle rare testimonianze nobili del nostro effimero passaggio su questo povero globo. Voi siete niente. Noi siamo niente.

Ho vissuto e scritto sempre e solo nel nome della Cultura. Nel nome della Cultura, e di tutto ciò che questa meravigliosa parola contiene, ho agito. I barbari mi hanno colpito. I barbari mi hanno umiliato. Quei maledetti barbari, sì, proprio quei barbari, uomini come me. Apparteniamo alla stessa, fottuta razza, e a tutti coloro i quali d’ora in avanti avranno voglia di farmi male, di ferirmi fin nel profondo, di offendermi facendomi vergognare di me stesso… Beh, a tutti loro, consiglio di ricordarmi questo.

In memoria di Ninive.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: