Giace su di un umido pagliericcio Francesco, all’interno della sua fredda e spoglia cella, immerso nel fitto buio della notte. Tormentato dal lancinante dolore agli occhi ed infastidito dai molti topi, che scorrazzano ovunque, arrampicandosi sulla tunica consunta, unica difesa di quel corpo magro con le ossa a fior di pelle, e fin sul volto scarno, non riesce proprio a dormire. Improvvisamente un fulgente bagliore illumina un angolo della cella. In pochi istanti si espande invadendo l’intero spazio e schiacciando le tenebre. Francesco stupito fatica ad aprire gli occhi sofferenti, temendo di essere accecato dall’intensa luce. Una voce solenne e vigorosa, proveniente dalle profondità invisibili ed infinite del bagliore lo esorta a spalancare gli occhi. Il santo obbedisce sforzandosi. Con grande stupore si accorge di non provare alcun dolore dinanzi quella forte, eppure dolce luce. Il bagliore rivela la sua incredibile identità ed il cuore e l’anima di Francesco si riempiono immediatamente di una gioia ineffabile, indescrivibile, sovrumana, mai provata prima. È Dio che si manifesta al santo annunciandogli la salvezza. Con uno scatto incredibilmente agile, come se in un attimo avesse ritrovato le energie di quando era un rampante giovane abile nelle armi, Francesco si prostra davanti al Signore ringraziandolo con parole commosse, dalle quali trabocca a fiotti una felicità immensa, incontenibile, che sola basterebbe a rischiarare il mondo intero. Piange e gioisce il santo, dimentico di ogni dolore. Adagio la luce si affievolisce, fino a scomparire del tutto. La possente voce di Dio si dilegua lasciando dietro di sé un’amabile eco.
Secondo la tradizione, in seguito a questa miracolosa visione, San Francesco d’Assisi (1182-1226) compose nel 1224 il Cantico di Frate Sole, noto anche come Cantico delle creature, unanimemente riconosciuto come il primo testo della letteratura italiana.
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
da Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo
[Tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke’l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a·cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no’l farrà male.
Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
Il Cantico di Frate Sole non è una semplice preghiera, ma una raffinata produzione letteraria dietro la quale si cela un attento lavoro formale. Occorre innanzitutto ricordare che Francesco, per quanto riguarda la forma ovviamente, trasse ispirazione da diversi modelli biblici ed evangelici, in particolar modo dal Salmo 148 di Davide, dal cantico intonato dai fanciulli nella fornace nel libro di Daniele, dal discorso evangelico delle beatitudini. Lo scopo del santo è evidente, creare un salmo in lingua volgare, che si inserisca all’interno dell’illustre tradizione biblica, ma che, soprattutto, si rivolga a tutti coloro i quali non conoscono il latino.
La continua reiterazione dell’espressione «Laudato si’», fa del Cantico una litania. Esigue le rime pure, molteplici invece le assonanze, che caratterizzano tutto il componimento rendendolo particolarmente armonioso.
Come detto, la lingua utilizzata dal santo è il volgare, un volgare decisamente illustre, per niente dialettale, plasmato sul volgare umbro, affinato e, in un certo senso, “ripulito”, elevato. L’autore vuole dunque rivestire la preghiera di un sublime valore letterario. Ultima ed ulteriore conferma di ciò, l’attenzione, la ricercatezza e l’eleganza stilistica con le quali sono disposte le serie aggettivali, tra le altre, «clarite et pretiose et belle» (v.11) e «bello et iocundo et robustoso et forte» (v. 19).
Credente oppure no – personalmente appartengo alla seconda schiera, nonostante l’incipit del presente articolo possa far pensare il contrario – un amante della cultura e delle lettere non può che rendere omaggio, almeno una volta nella vita, al Cantico di Frate Sole di San Francesco d’Assisi, vero e proprio principio della letteratura italiana.
In copertina: Michelangelo Merisi da Caravaggio, Estasi di San Francesco d’Assisi, 1594.