La storia è costellata da una moltitudine di eventi. Alcuni, più di altri, la segnano in modo decisivo, imprimendo una radicale svolta. Tra questi, occupa una posizione di assoluto rilievo la rivoluzione astronomica, preludio alla rivoluzione scientifica e cardine del passaggio dall’epoca antico-medievale all’epoca moderna.
Tra gli eroici protagonisti di tale rivolgimento cosmico, ricordiamo ovviamente astronomi e fisici come Copernico, Keplero e Galileo, ma anche teologi e filosofi – la rivoluzione astronomica fu infatti un fenomeno “multidisciplinare” – tra i quali spicca, su tutti, il magnifico visionario Giordano Bruno.
Attraverso questa serie di articoli ripercorreremo le tappe fondamentali ed evidenzieremo gli aspetti peculiari e distintivi della rivoluzione astronomica, tentando, soprattutto, di rivalutare l’eccezionale ruolo svolto dal pensatore nolano arso vivo in Campo de’ Fiori.
Innanzitutto, in via preliminare ed introduttiva, occorre però ricordare le caratteristiche dell’universo antico-medievale, costruito in particolar modo sugli insegnamenti di Aristotele e di Tolomeo.
L’universo antico-medievale era concepito come unico, in quanto il solo esistente – a sostegno di tale convinzione la teoria dei cosiddetti “luoghi naturali”, che prevedeva il raggruppamento di ogni materia in un luogo specifico; chiuso, in quanto limitato dal cielo delle stelle fisse (cui sarà successivamente aggiunto il nono cielo ed il primo mobile); finito, in quanto il concetto di infinito non era altro che un’idea astratta inattuabile.
L’universo era composto da sfere concentriche sulle quali erano incassate le stelle ed i pianeti. Dunque l’universo era così strutturato: sfera delle stelle fisse, cieli di Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, sole e luna; la terra, immobile, al centro – da qui il termine geocentrismo.
Inoltre vigeva una distinzione tra due zone cosmiche: una zona perfetta – quella dei cieli, corrispondente al “mondo sopralunare” caratterizzato da una componente divina, trascendentale, “l’etere”, inesauribile, permanente, impegnata in un continuo movimento circolare eterno – ed una zona imperfetta – corrispondente al “mondo sublunare”, dove venivano posti i quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) collocati ognuno in un corrispondente “luogo naturale” ed impegnati in un moto rettilineo con un principio ed una conclusione, causa dei corsi d’origine e di disfacimento.
L’universo antico-medievale appare dunque come un’ideale sintesi tra la sperimentazione, la documentazione sensoriale e le due massime autorità filosofico-teologiche del tempo: Aristotele e la Bibbia.
In copertina: Olivier van Deuren, Un giovane astronomo, 1685.