“Meditando sull’arte l’uomo davvero moderno passeggia per le strade. Di colpo si ferma impietrito: ha trovato ciò che aveva cercato così a lungo.”
L’uomo raffigurato nella vignetta è l’architetto austriaco Adolf Loos, irriverente come il trattamento che gli venne riservato dalla critica in quel periodo. Il nemico pubblico numero uno della Secessione viennese, tutta pizzi e merletti, non vedeva il bisogno di riempire le sue facciate di fiori e ornamenti eccessivi, anzi definiva e limitava i prospetti solo in base all’utilità della linea. Niente è sprecato, niente è casuale per Loos, e la decorazione non fa parte dell’architettura, bensì orbita nel mondo dell’arte e come tale è superflua in un opera che va vissuta. L’architettura invece “non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte”.

Loos d’altra parte risponde con il suo miglior edificio, la Looshaus su Michaelerplatz. A poca distanza dalle architetture di Wagner, l’architetto modernista realizza l’opera che poi verrà derisa nella famosa vignetta satirica. Nel 1909 realizza un edificio adibito ad abitazioni e destinato al nuovo atelier della Goldman e Salatsch. La facciata spoglia, priva di decorazione viene da subito presa di mira, paragonata ad un granaio, e disprezzata. Poco dopo la stessa opera verrà presa a modello dallo stesso Le Corbusier, e trattato come un precursore dell’architettura moderna e razionalista. L’obiettivo prefissato è quello di mantenere una semplicità annunciata, in prospetto come in pianta, per rafforzare il rapporto tra le due. Lo studio approfondito pone alla base la sua lotta all’ornamento.
Oggi le opere dei due architetti contribuiscono a rendere Vienna una capitale con una forte carica e identità architettonica, rivivendo ancora oggi i dibattiti e le discussioni che hanno acceso nei primi del novecento gli animi degli artisti illuminati che sono passati di qui. Il passato rende vivo il presente, e a Vienna questo avviene quotidianamente.