Dino Campana e Sibilla Aleramo – Le lettere – Parte 5 – Epilogo

Per diverse settimane ci siamo occupati dell’amore senza eguali tra Dino Campana e Sibilla Aleramo, ripercorrendolo attraverso una ricostruzione dei fatti e parole, tante e splendide parole, versate dagli stessi protagonisti nel loro denso ed intenso epistolario.

Amore, follia, devastazione. Tutto questo e molto altro, come disperazione, dolore, angoscia, speranza. È quel che traspare dalle lettere che abbiamo pubblicato, per darvi l’esatta dimensione dell’amore tra il poeta autore di Canti Orfici e la scrittrice del romanzo Una donna.

L’amore tra Dino e Sibilla è soprattutto l’incontro-scontro di due magnifiche e singolari vite. Lui poeta – e tutto quel che comporta esserlo – dal sistema nervoso troppo fragile, vagabondo perpetuamente errante incapace per natura ed indole di trovare una patria, di trovare la pace. Lei assidua frequentatrice del “gran mondo”, scrittrice di successo con alle spalle un passato tenebroso di adolescente stuprata rimasta incinta che perde il bambino, ed è costretta al matrimonio per ripulire la sua immagine compromessa. Da una tale collisione non poteva che nascere un amore. E non un amore qualunque, ma quell’amore raro e febbrile che vi abbiamo raccontato.

Siamo giunti all’epilogo. Le seguenti sono le ultime epistole, la maggior parte delle quali sono assoli di sofferenza e sconforto del povero Dino, oramai per sempre abbandonato.

Epistola LXXXVII
Sibilla a Dino

Ca di Janzo, 20 giugno 1917

Le ginestre a Marradi, le ginestre a Maiani, in quale giugno le vedremo insieme?
Se quest’anno sarai sulle Alpi, coglieremo le genziane. Fammi credere! Nel tempo, mio, nostro. Nel ritorno dell’estate, l’anno che verrà e poi ancora, ancora. Vivere non avendo più fìssa dinanzi la morte, vivere guardando la vita. Dino!

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Epistola LXXXVIII
Dino a Sibilla

Ruotano, 30 luglio 1917

Signora,
Vi domando di rivedervi per parlarvi e per sapere qualche cosa del mio destino. Intanto vi domando perdono e sono umilmente vostro
Dino

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Epistola LXXXIX
Sibilla a Dino

Ca di Janzo, fine luglio 1917

Mère des souvenirs, maitresse des maìtresses… – Un anno che scrissi “andando e stando” Un anno di fedeltà mia, per il ricordo di quei mattini al Barco ch’eravamo due cose d’oro. Addio, Addio…

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Epistola XC
Dino a Sibilla

Marradi, 8 agosto 1917

Cara Rina
Mi trovo finalmente a Marradi fra le vergini foreste paese che tu pure hai veduto. Compiango il tempo che ho trascorso in foreste meno vergini. Ma, viva dio, mi sento soltanto adesso di essere ancora giovane e di combattere nuove battaglie sia nel campo vastissimo dell’intelletto nonché in quello di nuovi amori. Auguro a te pure donna intellettuale e colta di poter fare per quanto ti sarà possibile la stessa via.
Se credi mi saranno grate le tue notizie e assicurati che di te conservo il più dolce ricordo.
Dalle rupi di Campigno, nelle cui rupi pietrose abita permanente il falco io spero di superarle e volare sopra di esse con tutta la fierezza e la forza dell’aquila. Fra tutti gli areoplani moderni anche il mio seguirà il suo destino. O la morte o la gloria! tuo affezionatissimo
Dino Campana
cosi detto poeta del presente e dell’avvenire
Marradi (Firenze) scritta da Campigno.

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Epistola XCI
Dino a Sibilla

Marradi, 13 agosto 1917

Your for ever
Dino

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Epistola XCIV
Dino a Sibilla

Marradi, 14 agosto 1917

Perché non mi perdonate? Vi costa cosi poco. Siete per me l’unica divinità sulla terra vi amo come un idolo senz’occhi. È vero non posso nulla per voi. Ho esaurito tutto il mio ottimismo, ma venite a bere il sangue dei miei ginocchi, venite divina sola tra tutte le donne. Sono vostro schiavo. Vi custodirò come, Perdono perdono venite Dino per sempre vostro.

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Epistola XCV
Dino a Sibilla

Marradi, 27 agosto 1917

Cara amica, perdonate se vi scrivo cosi, per me siete l’unica che penso come amica in possibilità.
Dunque volete ancora fare qualcosa di me? Troverò un impiego e vi amerò per tutto il resto della mia vita che ormai auguro breve.
Voi non mi farete forse più soffrire, non mi romanzo[re]te più, sarete meglio di una romanziera è vero? Ho lasciato tutti e tutte. Vorrei venire in Piemonte e vivere presso di voi. Però mi prometterete di non conoscere la Guglielminetti e di disprezzarla. Vita di lavoro e rinunzia! Come meglio la potete fare che come vi dico Ciao biondina adorata. Scrivi subito ti prego..

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Epistola XCVI
Dino a Sibilla

Firenze, 6 settembre 1917

Sibilla Aleramo
Addio. Nous ne nous reverrons plus sur terre. Addio. Mandate ancora un saluto al vostro
Dino
Lungarno Acciaioli 24 (presso Fratini).

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Epistola XCVII
Dino a Sibilla

Firenze, 6 settembre 1917

Cara Sibilla
oggi faccio frasi: ossia: il mondo un deserto senza di te, oppure che cosa devo fare della mia verginità, oppure mi contenterei di vederti di abitare nello stesso paese perché il mondo è ecc. Sibilla ti supplico, ti ho amato lo sai, ti assicuro ti giuro che non posso vivere cosi, tu non puoi privarmi della tua presenza, non posso vivere senza vederti, senza saperti. Ti giuro che non domando neppure il tuo saluto, sarò la tua ombra nella vita se vuoi, il ricordo di un amore che ti seguirà, felice cosi. Né per vivere né per morire posso essere senza di te. Ti ho adorato tanto questi mesi in mezzo al mio tormento mentre credevo di morire. Ma lassù c’era il ghiaccio e il silenzio, tu mi avresti dopo ritrovato puro dopo in tutto il silenzio di tutte le cose. Sibilla perdono, per te sola ho fatto tutto. Non mi offendere, sarò il tuo amico silenzioso, non domando la gioia, voglio solo vederti. Farò tutto quello che mi comandi. Sibilla perché vuoi che muoia cosi lontano da te?

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Epistola XCVIII
Dino a Sibilla

Firenze, 6 settembre 1917

Cara Signora
sono nella tua stanza. Dimmi se devo viverci o morirci. Non ti importuno, è vero. Tesoro santo.
Tuo Dino
Lungarno Acciaioli 24 (presso Fratini).

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Epistola C
Dino a Sibilla

Novara, 11 settembre 1917, ore 12

Arrestato a Novara vieni a vedermi Campana.

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Epistola CII
Dino a Sibilla

Marradi, 27 settembre 1917

Cara Sibibilla
mi lasci qua nelle mani dei cani senza una parola e sai quanto ti sarei grato.
Altre parole non trovo. Non ho più lagrime. Perché togliermi anche l’illusione che una volta tu mi abbia amato e l’ultimo male che mi puoi fare
Ma pure spero ancora in una tua buona parola, di quelle che si scrivono ad un amico inutile e lontano, un tuo sorriso di riflesso e tante tue notizie sulle righe. Cara, chi ti fu caro, fu
Dinuccio è vero?

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Epistola CIV
Dino a Sibilla

Manicomio di S. Salvi, Firenze, 17 gennaio 1918

Cara
Se credi che abbia sofferto abbastanza, sono pronto a darti quello che mi resta della mia vita. Vieni a vedermi, ti prego tuo
Dino.

Le lettere sono tratte da Quel viaggio chiamato amore, Editori Riuniti 1987.

In copertina: Egon Schiele, Gli amanti L’abbraccio, 1917.

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