Nanuk l’eschimese – Nanook of the North

Paese: Stati Uniti

Anno: 1922

Regia: Robert Flaherty

Durata: 79′
                                                                                                                         

«Chi vorrebbe vedere un film sugli inuit, un film senza storia, senza stelle?»

L’inesperto Robert Flaherty (1884-1951) iniziò per puro caso la sua carriera di cineasta e documentarista quando iniziò ad usare la cinepresa come supporto per le sue spedizioni da mineralista. Questo piccolo passo lo porterà ad essere considerato il vero padre del genere, creando un vero o proprio format, quello del documentario lungometraggio.

Il lavoro del documentarista fu esposto a molte critiche, questo ci rende con chiarezza gli intenti e lo spirito lirico dello statunitense. Il regista fu infatti criticato per una serie di contraffazioni e di falsi d’autore, piccole messe in scena e ricostruzioni create ad arte per imprimere nella memoria retinica dello spettatore la crudezza della lotte per la sopravvivenza, oppure per esprimere la durezza delle condizioni climatiche. Questi artefizi dimostrano la  scientificità del documentario, ma la genuina volontà di raccontare ed emozionare il pubblico. Il novizio Flaherty dimostra un incredibile sensibilità per le inquadrature, ciò gli permette di rendere in maniera perfetta la sterminata potenza della natura e la bellezza dei paesaggi nordici.

La pellicola segue le vicende di una famiglia di Inuit lungo un intero anno, seguendone le vicende e la vita quotidiana. Il film si apre con la precisazione didascalica che Nanuk sarebbe morto due anni dopo in una terribile tempesta di ghiaccio, ciò pone lo spettatore nello stato d’animopiù indicato per una lotta per la sopravvivenza che dura tutta la pellicola. Pellicola che si chiude in maniera circolare proprio con una grande tempesta da cui la famiglia si salva rifugiandosi in un igloo. Il film ebbe grandissimo successo ai botteghini nonostante lo scetticismo dietro la pellicola, «Chi vorrebbe vedere un film sugli inuit, un film senza storia, senza stelle?» si vociferava. Si sviluppò pero una vera e propria “Nanokmania”, lo stesso non si potrà dire per i futuri lavori di Flaherty.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: