«Perché non parli!?» – Una riflessione sul Mosè di Michelangelo

Si narra che Michelangelo, ammirando il suo Mosè, estasiato dalle forme tanto realistiche dell’imponente scultura, sia stato colpito da un violento accesso d’ira ed abbia esclamato la celebre frase «Perché non parli!?» Non solo, si narra anche che l’artista abbia addirittura colpito con veemenza il ginocchio del personaggio biblico utilizzando un martello. È probabile che si tratti solamente di una leggenda e nulla più, a cui tuttavia devo fare necessariamente riferimento in questa breve riflessione sull’opera del Buonarroti.

Ricordo bene il giorno in cui vidi per la prima volta dal vivo il Mosè, nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. Ero un adolescente disinteressato, che di arte non sapeva e non voleva saper nulla. Ebbene, quel lontano pomeriggio di primavera, la vista della maestosa e magnifica scultura rappresentò il mio ingresso nel mondo dell’arte, dal quale non sono più uscito.

Dinanzi l’impressionante capolavoro persi immediatamente la mobilità e la facoltà della parola. Esterrefatto, atterrito, sbalordito dall’imponenza di quell’uomo barbuto scolpito incredibilmente nel marmo, tanto vigoroso e realistico da incutere rispetto e soprattutto timore, compresi il senso del termine ammirazione.

Per lunghi, lunghissimi istanti, soggiogato dalla meraviglia e dallo stupore rimasi immobile di fronte al Mosè. Riuscii solamente, e a malapena, a produrre un fragile pensiero, idealmente simile a quel «Perché non parli!?» gridato a squarcia gola da Michelangelo secoli prima. Io non gridai, sussurrai appena la frase, che non fu causata dalla rabbia, ma da quello sconfinato sentimento di ammirazione che oggi provo ogni qual volta il mio sguardo si posa su di un capolavoro artistico.

Non dimenticherò mai quel fatidico pomeriggio, quella visita decisiva in una basilica incastonata come un prezioso gioiello nel cuore della città eterna. Perché fu proprio da quel pomeriggio che iniziai a prendere coscienza della bellezza, dell’estetica e dell’arte in tutta la sua immensa grandezza. Oggi osservo la scultura, ed oltre all’ammirazione provo gratitudine.

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