Come nelle antiche riviste letterarie, beni culturali oramai scomparsi , proponiamo racconti originali a puntate. Un piacere per noi condividere le nostre fatiche letterarie e speriamo per voi partecipare alle varie parti di questi racconti brevi.
Lampi di cielo australe.
Ispirato alla storia della spedizione Endurance e alla tomba di Ernest Henry Shackleton, grigia nel camposanto di Grytviken nella Georgia australe.
Lampi di cielo australe. Sulla nave solo vettovaglie e grosse falle. Bianco per chilometri sotto i piedi, e chilometri di azzurro sopra la testa. Mesi e mesi in un paesaggio a due dimensioni. Spitfire saltava roteando come i cavalli delle giostre, correndo azzannava la palla di stracci che Shackleton gli sfilava dalla bocca. Solo lui, muscoloso e asciutto, con il pelo folto sembrava progettato per tutto quel freddo. Solo i cani sembravano sentirsi davvero a loro agio. La pelliccia sfumando dal bianco fino al nero più intenso attraversava una tavolozza di colori gelidi. Solo Spitfire e le sue corse nel ghiaccio rompevano quel bianco riflesso abbagliante. Quel cane robusto era l’unica consolazione del comandante, lo guardava scorrazzare sotto il passamontagna di lana, e guardava gli uomini dispersi in quella specie di luna glaciale, e guardava l’Endurance strangolata dai ghiacci.
Il vento filtrava tra le concrezioni candide a mezzo metro da terra, scavava solchi e spazzava la nave che congelata pareva un lampadario. Shackleton afferrò Spitfire per il collare e serrandosi il cappuccio sulla fronte tornò al bivacco che era stato disposto di fronte alla nave. La primavera era al culmine e la temperatura in aumento faceva contorcere i blocchi di ghiaccio. Lentamente i crepacci e le fratture si allargavano, e stridendo nella notte i grossi blocchi si scontravano fratturandosi. Era impossibile dormire in pace, ad ogni momento si poteva finire nell’acqua gelida. I turni di guardia duravano tutta la notte, ma la stanchezza e il freddo erano più forti dell’equipaggio. Le tre scialuppe di salvataggio erano state calate sulla banchisa prima che la nave venisse irrimediabilmente fratturata dalla stretta del ghiaccio.
Dopo mesi d’inverno polare gli uomini erano stremati. Le mani sanguinavano dai gretti e gli occhi ardevano del riflesso accecante. Già Blackborow, l’infiltrato aveva le prime difficoltà alla vista, più tardi sarebbe diventato quasi cieco. Nell’eterno chiarore primaverile Shackleton, si muoveva lento, furtivo, tutto l’equipaggio riponeva le sue speranze in lui e qualsiasi sua azione si ripercuoteva sul morale degli uomini. Procedeva a piccoli passi, come dovesse misurare anche quelli, si sentiva responsabile anche del terreno che calpestava. Spitfire lo seguiva allegro verso l’accampamento, Shackleton si tolse per un attimo il passamontagna per grattarsi la testa coperta di capelli corvini.
continua……