Riviste letterarie del Novecento – Solaria

La vera destinazione di una rivista è rendere noto lo spirito della sua epoca. L’attualità di questo spirito è per essa più importante della sua stessa unità o chiarezza e perciò una rivista sarebbe condannata – al pari di un giornale – all’inessenzialità, qualora non si configurasse in essa una vita abbastanza potente da salvare, col suo assenso, anche ciò che è problematico. Infatti: una rivista, la cui attualità non abbia pretese storiche, non ha ragione di esistere.

Walter Benjamin, annuncio della rivista «Angelus Novus».

Mai come nel Novecento si era assistito, nel panorama letterario italiano, ad un infittirsi di riviste, programmi e proclami. In quanto organi fondamentali di discussione, proposta e divulgazione, le riviste svolsero, in particolar modo nella prima metà del XX secolo, un ‘intensa ed essenziale azione tesa ad affermare e diffondere le nuove idee letterarie dell’epoca. iMalpensanti vi propone un viaggio tra i rotocalchi più importanti ed influenti del Novecento italiano.

Solaria

Solaria fu una rivista letteraria fondata nel 1926 da Alberto Carocci.

Esaminando le tendenze letterarie dei suoi collaboratori, individuiamo da subito all’interno del giornale due diverse correnti di pensiero: quella dei cosiddetti rondisti, autori provenienti dalla rivista La Ronda, decisi a dar vita ad una vera e propria civiltà umanistica indipendente dalla politica, tra i quali troviamo Riccardo Bacchelli, Antonio Baldini, Bonaventura Tecchi, Arturo Loria ed Alessandro Bonsanti; e quella dei solariani veri e propri, che ispirandosi all’ideologia gobettiana, sostengono un’attività di denuncia e di critica nei confronti della realtà contemporanea, incarnata nella fattispecie nel regime fascista. Appartengono a questo secondo gruppo intellettuali come Eugenio Montale, Leone Ginzburg, Aldo Garosci, Giacomo Debenedetti, Mario Gromo, Umberto Morra di Lavriano e Sergio Solmi. Ciò che accomuna le due linee è una sorta di missione culturale europeista, che consiste nel connettere insieme le più importanti prove letterarie europee dell’epoca.

In questo senso Solaria porta alla ribalta nazionale molti autori fondamentali fino ad allora poco noti, intraprendendo un inestimabile lavoro di diffusione della più pregevole ed immensa letteratura: André Gide, Paul Valéry, Marcel Proust, James Joyce, Thomas Stearns Eliot, Virginia Woolf, Ernest Hemingway, William Faulkner, Vladimir Vladimirovič Majakovskij, Sergej Aleksandrovič Esenin, Boris Pasternak, Rainer Maria Rilke, Franz Kafka, Thomas Mann, Stefan Zweig.

Per quel che riguarda la letteratura nazionale invece, la rivista contribuisce a divulgare la prosa di Italo Svevo e di Federigo Tozzi, e la poesia di Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale ed Umberto Saba.

A causa della decisa e chiara opposizione alla dittatura fascista, Solaria viene colpita a più riprese dalla censura. In particolar modo, il numero 2, marzo-aprile del 1934, viene sequestrato del tutto poiché accusato di essere moralmente offensivo. Oltre alle difficoltà rappresentate dal bavaglio del regime, l’esistenza del giornale è messa a repentaglio da forti dissidi interni alla redazione. Carocci vuole fare di Solaria una rivista di idee, e l’assidua collaborazione di autori non più letterati bensì ideologici come Giacomo Noventa, Nicola Chiaromonte, ed Umberto Morra evidenza esplicitamente tale cambiamento editoriale. Così facendo Carocci fa le prove generali di un dialogo con il fascismo. La stragrande maggioranza dei collaboratori però non è d’accordo con l’inversione di tendenza voluta dal direttore, ed abbandona la rivista che, di fatto, cessa di esistere, terminando le pubblicazioni dopo dieci anni di intensa attività, nel 1936.

Dostojevskij e “La Ronda”

Solaria inizia le pubblicazioni con questa dichiarazione d’intenti, intitolata Dostojevskij e “La Ronda”, che non vuole tuttavia presentarsi come un “programma preciso”. L’assenza di un manifesto che mostri le linee programmatiche della rivista, esprime una duplice esigenza: da una parte il rifiuto verso quei facili proclami sovversivi propri delle avanguardie, dall’altra l’apertura a ricevere, ed accettare quella che nell’articolo viene definita una “qualche non spregevole eredità”.

Dostoevskij viene citato in quanto rappresentante della drammatica, complessa, e per molti versi conturbante arte umana, mentre la rivista La Ronda viene presa ad esempio di quell’elevato stile culturale imprescindibile per chiunque voglia fare dell’utile informazione intellettuale. Tra i due termini di paragone è necessaria una sintesi che porti alla formazione di una letteratura moderna, rinnovata nelle tematiche e nelle forme. Per fare ciò è inoltre indispensabile un’apertura nei confronti delle emergenti esperienze letterarie estere, attuando con esse un confronto costruttivo.

Di seguito, il testo della dichiarazione d’intenti, pubblicata all’interno del primo numero del giornale, dato alle stampe nel gennaio del 1926.

“Solaria” nasce senza un programma preciso e con qualche non spregevole eredità. Forse l’una e l’altra cosa debbono considerarsi di buon augurio in un momento sazio e invero poco nostalgico di rivoluzioni, mentre anche la legittima aspirazione a un’originale fisionomia nel campo della cultura si assoggetta, più che volentieri, alle inevitabili leggi naturali.

Chi ha l’abitudine di sfogliare le riviste letterarie italiane ancora leggibili scorgerà tra noi più di un viso non ignoto, giustappunto perché vogliamo vivere in un’aria di libertà e di consuetudini già provate. Ma presto, in questa luce che a molti parrà subito familiare, vorremmo farci riconoscere come un gruppo.

Non siamo idolatri di stilismi e purismi esagerati e se tra noi qualcuno sacrifica il bel ritmo di una frase e magari la proprietà del linguaggio nel tentativo di dar fiato a un’arte singolarmente drammatica e umana gli perdoniamo in anticipo con passione. Per noi, insomma, Dostojevskij è un grande scrittore. Ma non perdoneremo nemmeno ai fraterni ospiti le licenze che non sieno pienamente giustificate e in questo ci sentiamo rondeschi.

Senza preciso programma ma con una coscienza di alcuni fondamentali problemi dell’arte che si suppone concorde, ci siamo avvistati nei caffè e concertati alla buona come per vestire una commedia in un teatrino di campagna, ma l’esser qui convenuti da luoghi diversi non deve far credere a nessuno che ogni giorno s’aspetti un treno.

Né si giudichi male il nostro tono eventualmente svagato: talvolta uno di noi si porrà a discorrere di argomenti che alcuno suppone invecchiati o di cattivo gusto. Sia cortese il pubblico di volerne ascoltare le parole come le battute d’una commedia e s’accontenti di giudicarci a mano a mano che gli si comporrà nella mente la prospettiva di questa nostra città ideale.

“Solaria”, “Letteratura”, “Campo di Marte”, a cura di A. Folin, Canova, Treviso 1974.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: