Riviste letterarie del Novecento – 900, Cahiers d’Italie et d’Europe

La vera destinazione di una rivista è rendere noto lo spirito della sua epoca. L’attualità di questo spirito è per essa più importante della sua stessa unità o chiarezza e perciò una rivista sarebbe condannata – al pari di un giornale – all’inessenzialità, qualora non si configurasse in essa una vita abbastanza potente da salvare, col suo assenso, anche ciò che è problematico. Infatti: una rivista, la cui attualità non abbia pretese storiche, non ha ragione di esistere.

Walter Benjamin, annuncio della rivista «Angelus Novus».

Mai come nel Novecento si era assistito, nel panorama letterario italiano, ad un infittirsi di riviste, programmi e proclami. In quanto organi fondamentali di discussione, proposta e divulgazione, le riviste svolsero, in particolar modo nella prima metà del XX secolo, un ‘intensa ed essenziale azione tesa ad affermare e diffondere le nuove idee letterarie dell’epoca. iMalpensanti vi propone un viaggio tra i rotocalchi più importanti ed influenti del Novecento italiano.

900, Cahiers d’Italie et d’Europe

900, Cahiers d’Italie et d’Europe fu una rivista letteraria fondata nel 1926 da Massimo Bontempelli, che ne fu anche direttore.

Lo scrittore nativo di Como apre le pubblicazioni del giornale con i cosiddetti quattro preamboli, interventi programmatici intitolati Giustificazione, Fondamenti, Consigli, Analogie, e dati alle stampe nell’autunno del 1926, nel marzo e nel giugno dell’anno successivo. In essi troviamo esposti i punti principali del Novecentismo, corrente letteraria creata proprio da Bontempelli e diffusa proprio dal suo giornale.

Contrariamente al naturalismo, allo psicologismo ed all’estetismo, la tendenza bontempelliana divulga un vero e proprio culto dell’immaginazione, attraverso l’uso del cosiddetto “realismo magico” (secondo il quale elementi magici compaiono in luoghi e situazioni altrimenti realistici), e l’esaltazione dell’avventura e dell’intelligenza, le uniche entità dominatrici della realtà, capaci di creare e ricreare sempre nuovi miti.

Il Novecentismo, data la sua vocazione europeista, che spinge gli antagonisti a soprannominarlo Stracittà, si contrappone decisamente al movimento detto Strapaese (propagato da rotocalchi come Il Selvaggio L’italiano), piuttosto forte in quegli anni, apertamente sostenitore del regime fascista, e caratterizzato da uno spirito patriottico e nazionalista, volto alla difesa ed alla valorizzazione del territorio italiano, e della sua produzione artistico-letteraria.

Nel giro di pochi mesi, Bontempelli riesce nella straordinaria impresa di creare un comunità intellettuale internazionale. Collaborano alla rivista, ricoprendo il ruolo di redattori, autori del calibro di Ramón Gómez de la Serna, Georg Kaiser, Pierre Mac Orlan, Ilya Ehrenburg e soprattutto James Joyce, del quale 900 distribuisce, per la prima volta in Italia, alcuni capitoli dell’Ulisse, capolavoro tra i più geniali, influenti, ed al tempo stesso complessi dell’intera letteratura mondiale.

Non solo, il giornale pubblica opere come La signora Dalloway di Virginia Woolf e Le memorie postume del vecchio Teodoro Kusmic di Lev Tolstoj, riporta alcuni inediti di Cechov, il profilo di George Grosz scritto da Ivan Goll, ospitando inoltre il dadaista Ribemont-Dessaignes ed il surrealista Soupault.

900 raggiunge in questo modo vette letterarie elevatissime, attestandosi come istituzione culturale di fondamentale importanza. Ben presto però interviene ad inferire un duro colpo alla rivista l’orrido regime fascista, che dopo la pubblicazione del quarto numero, impone a Bontempelli l’utilizzo esclusivo della lingua italiana. È l’inizio della fine. Il giornale chiude per sempre i battenti nel 1929, dopo appena tre anni di attività.

Di seguito, un brano tratto dall’articolo Giustificazione, uno dei quattro preamboli scritti da Bontempelli, essenziale per comprendere la linea editoriale di 900.

“Unico strumento del nostro lavoro sarà l’immaginazione.

Occorre riimparare l’arte di costruire, per inventare i miti freschi onde possa scaturire la nuova atmosfera di cui abbiamo bisogno per respirare. La smetteremo di stare ad afferrare con la reticella da farfalle i nostri più lievi sospiri, di ballare in giro continuamente agitandoci intorno le fosforescenti sciarpe delle nostre espressioni più labili: quando avremo collocato un nuovo solido mondo davanti a noi, la nostra più solerte occupazione sarà passeggiarlo ed esplorarcelo; tagliarne blocchi di pietra e porli uno sopra l’altro per metter su fabbricati pesanti, e modificare senza tregua la crosta della terra riconquistata. La aspirazione femminile alla musica, farà luogo alle leggi virili dell’architettura. La musica, che nasce entro noi, potrà sgorgare continuamente a innaffiare e avvivare la geometria solidamente campata di fuori. Il mondo immaginario si verserà in perpetuo a fecondare e arricchire il mondo reale.

Perché non per niente l’arte del Novecento avrà fatto lo sforzo di ricostruire e mettere in fase un mondo reale esterno all’uomo. Lo scopo è di imparare a dominarlo, fino a poterne sconvolgere a piacere le leggi. Ora, il dominio dell’uomo sulla natura è la magia. Ed ecco spiegati certi caratteri e certe velleità magiche che vediamo spuntare qua e là in quella «atmosfera di formazione» che non ho inventata io, no no, ma che questo «900» si lusinga di poter rappresentare e favorire.”

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