Riviste letterarie del Novecento – Poesia

La vera destinazione di una rivista è rendere noto lo spirito della sua epoca. L’attualità di questo spirito è per essa più importante della sua stessa unità o chiarezza e perciò una rivista sarebbe condannata – al pari di un giornale – all’inessenzialità, qualora non si configurasse in essa una vita abbastanza potente da salvare, col suo assenso, anche ciò che è problematico. Infatti: una rivista, la cui attualità non abbia pretese storiche, non ha ragione di esistere.

Walter Benjamin, annuncio della rivista «Angelus Novus».

Mai come nel Novecento si era assistito, nel panorama letterario italiano, ad un infittirsi di riviste, programmi e proclami. In quanto organi fondamentali di discussione, proposta e divulgazione, le riviste svolsero, in particolar modo nella prima metà del XX secolo, un ‘intensa ed essenziale azione tesa ad affermare e diffondere le nuove idee letterarie dell’epoca. iMalpensanti vi propone un viaggio tra i rotocalchi più importanti ed influenti del Novecento italiano.

Poesia

Poesia fu una rivista letteraria fondata a Milano nel 1905 da Filippo Tommaso Marinetti, insieme al quale collaborano come condirettori, nella prima fase di pubblicazione del giornale, Sem Benelli e Vitaliano Ponti.

Dal punto di vista grafico, si presentava ai lettori con un formato rettangolare. La lussuosa copertina riportava il motto “Ma qui la morta poesia risorga”.

Dopo quattro anni di eclettismo argomentativo, nei quali il rotocalco si impegnò soprattutto a dare visibilità a poeti simbolisti francesi e belgi, Poesia divenne l’organo istituzionale del Futurismo italiano, ufficialmente con la pubblicazione, nel numero 1-2, febbraio-marzo 1909 del Manifesto futurista, precedentemente apparso come editoriale sul quotidiano francese Le Figaro del 20 febbraio scorso. Tra i princìpi ispiratori del nuovo movimento, il rifiuto radicale, estremo, terroristico di ogni forma d’arte appartenente al passato e l’edificazione, la creazione di una cultura rinnovata che guardasse al futuro ed al progresso. Nel numero 7/8/9, agosto-settembre-ottobre 1909 Marinetti divulgò un secondo manifesto futurista, dal titolo Uccidiamo il Chiaro di Luna!

Tra i collaboratori più stretti della rivista citiamo Paolo Buzzi, Auro d’Alba, Federico De Maria, Luciano Folgore, Corrado Govoni ed Aldo Palazzeschi.

L’esperienza di poesia si esaurì nel 1909. Ecco quel che scrisse il fondatore sedici anni dopo, nel 1925, nell’Introduzione all’antologia I nuovi poeti futuristi:

“Fondai Poesia, rivista internazionale che, prima fra tutti i fogli d’Italia, portò il nome e le poesie di Paul Claudel, accanto alle prime poesie di Buzzi, di Cavacchioli, Folgore, Palazzeschi, Govoni. Nasceva così il movimento futurista, con un largo e frenetico amore per l’arte nuova e per molti ingegni lirici italiani soffocati dallo scetticismo misoneista. Nasceva il movimento futurista antiscuola, antiaccademia, che doveva sgomberare l’Italia dal passatismo ruderomane, dal professoralismo pessimista e preparare l’attuale rinascenza italiana…”

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