La vera destinazione di una rivista è rendere noto lo spirito della sua epoca. L’attualità di questo spirito è per essa più importante della sua stessa unità o chiarezza e perciò una rivista sarebbe condannata – al pari di un giornale – all’inessenzialità, qualora non si configurasse in essa una vita abbastanza potente da salvare, col suo assenso, anche ciò che è problematico. Infatti: una rivista, la cui attualità non abbia pretese storiche, non ha ragione di esistere.
Walter Benjamin, annuncio della rivista «Angelus Novus».
Mai come nel Novecento si era assistito, nel panorama letterario italiano, ad un infittirsi di riviste, programmi e proclami. In quanto organi fondamentali di discussione, proposta e divulgazione, le riviste svolsero, in particolar modo nella prima metà del XX secolo, un ‘intensa ed essenziale azione tesa ad affermare e diffondere le nuove idee letterarie dell’epoca. iMalpensanti vi propone un viaggio tra i rotocalchi più importanti ed influenti del Novecento italiano.
Lacerba
Lacerba fu una rivista letteraria italiana fondata a Firenze il primo gennaio 1913 da Giovanni Papini ed Ardengo Soffici.
Il giornale riprende il titolo del trattato scientifico in versi – L’Acerba – dell’autore trecentesco Cecco d’Ascoli (1269-1327), inserendone nella testata il verso “Qui non si canta al modo delle rane”.
Visto il carattere particolarmente polemico ed audace degli autori, tra i quali, oltre ai fondatori, sono da ricordare Aldo Palazzeschi ed Italo Tavolato, Lacerba accolse con entusiasmo l’avvento del movimento futurista, facendosi portavoce di tale corrente artistico-letteraria, ed ospitandone gli esponenti più illustri: Filippo Tommaso Marinetti, Luciano Folgore, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Corrado Govoni.
Nel N.20 del 15 ottobre 1913, il rotocalco pubblica il Programma politico futurista, un documento che fa riferimento alle imminenti elezioni politiche, le prime a suffragio universale maschile, invitando con ardore l’elettore a non votare le liste clerico-liberali-moderate di Giolitti e Gentiloni, e a non prestare attenzione ai programmi democratici, repubblicani e socialisti.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, il giornale si schiera con fervore dalla parte interventista. Appaiono articoli violenti, veri e propri assalti frontali contro il governo definito “vile”, contro i “piagnoni” neutralisti e socialisti.
Nel febbraio del 1915, dalle pagine della rivista, si assiste alla scissione del movimento futurista. Da una parte i fiorentini Palazzeschi, Papini e Soffici, che si proclamano gli autentici futuristi, dall’altra i milanesi, definiti con disprezzo “marinettisti”.
Nello stesso anno, precisamente il 22 maggio, due giorni prima dell’entrata dell’Italia nel conflitto, Lacerba chiude i battenti pubblicando l’ultimo editoriale di Papini dall’eloquente titolo: Abbiamo vinto!
Introibo
Dall’Introibo, il manifesto programmatico lacerbiano uscito nel primo numero della rivista, emergono tendenze filosofiche ed agitazioni ampiamente diffuse nel dibattito culturale più acceso dell’epoca. Inclinazioni e turbamenti ispirati in particolar modo dalla propagazione del pensiero nietzscheano, e dalla nascita del movimento futurista, nella persona di Filippo Tommaso Marinetti. Rifiuto delle “lunghe dimostrazioni razionali”; sintetica essenzialità dell’espressione e della forma; frammentarietà e sottile manchevolezza; diritto alla contraddizione ed al paradosso come simbolo delle verità più autentiche; “genio” dell'”uomo creatore” che può calpestare “nazioni” e “popoli”, perché a lui solo “tutto è permesso”; significato assoluto dell’arte, che trionfa su ogni cosa, persino sulla vita stessa; battaglia “culturale” come violenta azione di molestia, di sfacciata provocazione verso tutti coloro i quali sono “rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi”.
Papini e Soffici inoltre rifiutano la “serietà” ed il “buon senso”, divulgando un’idea di letteratura come gioco e divertimento. Arte è “accettar tutto con gioia”, come “contrappeso nella bilancia tragica dell’esistenza”. “Combattere” vuol dire, fra le altre cose, “ridere e cantare”. Ed è su questa visione artistico-letteraria che, per i fiorentini, si fonda il Futurismo. Un pensiero che negli anni porterà alla scissione definitiva con i cosiddetti “marinettisti”.
Di seguito, il testo integrale dell’Introibo.
1. Le lunghe dimostrazioni razionali non convincono quasi mai quelli che non son convinti prima – per quelli che son d’accordo bastano accenni, tesi, assiomi.
2. Un pensiero che non può esser detto in poche parole non merita d’esser detto.
3. Chi non riconosce agli uomini d’ingegno, agli inseguitori, agli artisti il pieno diritto di contraddirsi da un giorno all’altro non è degno di guardarli.
4. Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio. Le nazioni vadano in isfacelo, crepino di dolore i popoli se ciò è necessario perché un uomo creatore viva e vinca.
5. Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e nel loro desiderio di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c’è un piano superiore – dell’uomo solo, intelligente e spregiudicato – in cui tutto è permesso e tutto è legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!
6. Libertà. Non chiediamo altro; chiediamo soltanto la condizione elementare perché l’io spirituale possa vivere. E anche se dovessimo pagarlo coll’imbecillità daremo liberi.
7. Arte: giustificazione del mondo – contrappeso nella bilancia tragica dell’esistenza. nostra ragione di essere, di accettar tutto con gioia.
8. Sappiamo troppo, comprendiamo troppo: siamo a un bivio. O ammazzarsi – o combattere, ridere e cantare. Scegliamo questa via – per ora.
9. La vita è tremenda, spesso. Viva la vita!
10. Ogni cosa va chiamata col suo nome. Le cose di cui non si ha il coraggio di parlare francamente dinanzi agli altri sono spesso le più importanti nella vita di tutti.
11. Noi amiamo la verità fino al paradosso (incluso) – la vita fino al male (incluso) – e l’arte fino alla stranezza (inclusa).
12. Di serietà e di buon senso si fa oggi un tale spreco nel mondo, che noi siamo costretti a farne una rigorosa economia. In una società di pinzocheri anche il cinico è necessario.
13. Noi siamo inclinati a stimare il bozzetto più della composizione, il frammento più della statua, l’aforisma più del trattato, e il genio mancato e il disgraziato ai grand’uomini olimpici e perfetti venerati dai professori.
14. Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con ponderatezza le più gravi questioni del mondo. Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale. Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi.
15. Si dirà che siamo ritardatari. Osserveremo soltanto, tanto per fare, che la verità, secondo gli stessi razionalisti, non è soggetta al tempo e aggiungeremo che i Sette Savi, Socrate e Gesù sono ancora un po’ più vecchi dei sofisti, di Stendhal, di Nietzsche e di altri “disertori”.
16. Lasciate ogni paura, o voi ch’entrate!
